Inchiesta Mediatrade: Berlusconi rischia processo a Roma

ROMA – Rischia di essere processato anche a Roma il premier Silvio Berlusconi per le presunte irregolarita' nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset. La procura della capitale, infatti, ha chiuso l'inchiesta e depositato gli atti. Cosa, questa, che di norma porta alla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati. Su tutto, pero', incombe il rischio prescrizione, essendo i fatti contestati riferiti alla compravendita di diritti tv contabilizzati nel biennio 2004-2005.

Sono dodici le persone indagate a Roma; si tratta, oltre al premier e al figlio Pier Silvio, del produttore tv americano Frank Agrama, del consigliere di amministrazione di Mediaset Pasquale Cannatelli, dell'ex ad di Rti Andrea Goretti, dei manager Rti Gabriella Ballabio, Daniele Lorenzano, Giorgio Dal Negro, Roberto Pace e Guido Barbieri, nonche' dei cinesi Paddy Chan e Catherine Hsu Chun.

A seconda delle posizioni, la procura contesta i reati di evasione fiscale e di violazione delle norme tributarie. Perfettamente scadenzati sono adesso i 'passaggi' processuali; dopo la chiusura dell'inchiesta e il deposito degli atti, gli indagati hanno venti giorni di tempo per chiedere di essere sentiti o per depositare eventuali memorie scritte.

L'inchiesta romana costituisce una 'costola' di quella omologa milanese. Il riferimento e' ad una presunta frode di circa dieci milioni di euro, il cui invio alla magistratura romana si e' instaurato per competenza territoriale, giacche' nel periodo valutato la sede sociale di Rti (una delle societa' coinvolte) era nella capitale.

Al centro delle indagini ci sarebbe l'ipotesi che siano stati 'gonfiati' i prezzi dei diritti acquistati presso alcune importanti major (societa' di produzione) statunitensi. In particolare, si tratterebbe di operazioni di sovra-fatturazione che avrebbero consentito ad Rti e Mediatrade di detrarre fiscalmente cifre superiori a quelle effettivamente sborsate.

In piu', secondo l'ipotesi accusatoria, la differenza tra le somme investite e quelle indicate nelle fatture (allegate ai bilanci societari) sarebbero state finalizzate alla creazione di fondi neri successivamente a un complesso giro che avrebbe portato il danaro prima in estremo oriente, e successivamente in Italia.

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