Indulto e amnistia: cosa significano e quali sono le conseguenze

Indulto e amnistia: cosa significano e quali sono le conseguenze
Giorgio Napolitano ha chiesto al Parlamento un provvedimento di amnistia e indulto (LaPresse)

ROMA – Cosa succede con l’indulto e l’amnistia? Cosa significa indulto? Cosa significa amnistia? Dino Martirano sul Corriere della Sera spiega significato e conseguenze dei provvedimenti invocati dal presidente Giorgio Napolitano per risolvere l’emergenza del sovraffollamento delle carceri.

Per esempio, con l’indulto uscirebbero dal carcere circa 24 mila detenuti, mentre con l’amnistia dipende da quali saranno i reati interessati.

Partiamo dal significato di indulto e amnistia:

“Indulto vuol dire condono mentre l’amnistia, nell’etimologia greca, esprime il significato di una «dimenticanza». Il primo estingue in tutto o in parte la pena principale e non incide su quella accessoria (a meno che non sia specificato nella legge). La seconda estingue il reato e, se vi è già stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e delle pene accessorie.

Questo successe con l’indulto del 2006:

“L’ultimo indulto è stato votato dal Parlamento nel 2006: tre anni di condono significarono circa 30 mila detenuti in uscita (per quasi tutti i reati, compresi quelli di sangue, la corruzione e la concussione) con un «crollo» delle presenze in carcere, da 68 mila a 38 mila. In 7 anni, dunque, l’effetto indulto è quasi evaporato visto che al 30 settembre 2013 i detenuti erano 64.758 a fronte di una capienza regolamentare di 47.615″.

Per l’amnistia, dobbiamo risalire al 1990:

“quando ancora bastava la maggioranza semplice (e non i due terzi) per varare un atto di clemenza: «È concessa l’amnistia per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni…». […] Più delicati i calcoli sugli effetti dell’amnistia: tra i reati da escludere, Napolitano cita quelli di «rilevante gravità» come «i reati contro le donne» e rimanda comunque al Parlamento il compito di «perimetrare» la legge di clemenza. Nel 1990, il Parlamento pose il tetto a 4 anni ed escluse numerosi reati: quelli commessi in occasione di calamità naturali, quelli compiuti da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, il peculato, la corruzione, la turbata libertà degli incanti, l’evasione, il commercio e la somministrazione di medicinali usati, le manovre speculative su merci, gli atti di libidine violenti, l’usura, il danneggiamento al patrimonio archeologico, ecc.”

Che succederà a Berlusconi se venissero approvati amnistia e indulto? Lo riguarda più il secondo che la prima:

“ha dunque ragione il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri quando dice che è «una falsa idea» quella che attribuisce all’amnistia un valore salvifico per Silvio Berlusconi già condannato a 4 anni per frode fiscale (pena massima 7 anni): «Decide il Parlamento quali reati toccare e non è mai successo che si occupasse di reati finanziari». Diverso il discorso per l’indulto: Berlusconi ha già usufruito di quello del 2006 (3 anni condonati) e potrebbe beneficiare «in parte» anche del nuovo atto di clemenza qualora, al momento del voto finale in Parlamento, stesse ancora «scontando» l’anno residuo ai «servizi sociali».

Giorgio Napolitano ha scritto alle Camere: tra i «rimedi straordinari» da considerare, «l’indulto è la prima misura che intendo richiamare all’attenzione del Parlamento» perché «può applicarsi a un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi). L’indulto di 3 anni, stima il capo dello Stato, inciderebbe sull’uscita dal carcere di almeno «24 mila detenuti condannati in via definitiva con pena detentiva residua non superiore ai tre anni»”.

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