«Il Collegio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha appreso con sorpresa e forte disappunto che una bozza di decreto-legge datata 29 ottobre 2009 prevede una pesante ipotesi di riordino dell’Istituto. Lo scenario delineato nella bozza del decreto-legge è allarmante: si vorrebbe trasferire, forzosamente e arbitrariamente, l’intero settore del monitoraggio dei terremoti al Dipartimento della Protezione Civile. La separazione tra monitoraggio e ricerca è un gravissimo errore e una palese anomalia a livello mondiale che porterebbe in breve tempo al collasso qualitativo di entrambe le attività».
Questo è quello che si legge appena si accede al sito dell’Ingv che per spiegare meglio ha anche indetto una conferenza stampa: «Il Collegio di Istituto dell’Istituto, in rappresentanza della comunità scientifica dell’ente, ha chiesto al ministro Gelmini e al Sottosegretario Letta un intervento urgentissimo per scongiurare questa eventualità, oltre a un incontro per manifestare direttamente il forte dissenso su tale iniziativa».
«Questo decreto legge – spiega Fedora Quattrocchi, dirigente dell’istituto – darebbe in mano una rete sismica nazionale ad una protezione civile, come unico caso al mondo mentre tutti gli altri grandi paesi vanno in direzione contraria: l’Ingv utilizzerà tutti i mezzi a sua disposizione per far conoscere al mondo questo scempio della democrazia partecipata della ricerca e delle sue applicazioni pratiche in campi di risk assessment».
«Un mega-progetto su fondi Europeo, come Epos, che si basa di fatto sulla interscambiabilità delle reti sismiche europee dentro i centri di ricerca (esclusa la Francia che di fatto ha reti sismiche non “pubbliche” a causa di una antiquata ed isolata gestione del rischio sismico/nucleare) non sarebbe più perseguibile con capo-progetto Ingv italiano (come attualmente lo è in questo caso) e questo sarebbe un dramma per l’Europa tutta, il cui totale sharing dei dati sismici rende la ricerca, anche quella sulla previsione sismica, ai massimi livelli. Attualmente l’Italia è all’avanguardia in questo senso.»
La Quattrocchi dichiara che «con questa riforma l’Ingv non potrà più garantire la sicurezza sismica delle centrali nucleari nel momento in cui la rete sismica fosse direttamente nelle mani del Presidente del Consiglio e quindi il piano nucleare e la rivoluzione energetica con carbone super-pulito senza emissioni e le riserve strategiche (stoccaggi CH4-CO2) di Scajola non si potrà più fare, a causa del crollo immediato della “public acceptance” di questa rivoluzione energetico-ambientale in corso..».
Poi, se il decreto venisse approvato, si metterebbero anche a rischio posti di lavoro: «Anche se 2-3 persone Ingv andassero a guadagnare il doppio dello stipendio al Dipartimento della protezione civile e 10-20 persone-quadri andassero a prendere una certa indennità di Presidenza del consiglio, questi guadagni di pochi penalizzerebbero almeno 30-40 livelli bassi o precari che sarebbero spazzati via, dovendo il bilancio del tesoro rimanere in pari (che infatti ha bloccato il decreto legge). Allora è meglio prendere quelle 2-3 persone, trasferirle alla Protezione Civile per fargli avere il loro anelato super-stipendio, portare a Ingv chi presso Dipartimento della protezione civile vuole fare ricerca e lasciare la rete sismica insieme alle altre reti ormai multi-parametriche e multidisciplinari presso Ingv».
«L’unica vera certezza messa in luce dai mass media sul caso L’Aquila – continua il dirigente dell’Ingv – è la curiosità del paese, della gente, delle autorità locali per la sfida della previsione sismica. Anche se ci volessero 100 anni per raggiungere i primi risultati utili, solo con una rete sismica presso Ingv questo obiettivo unificante di istituto potrebbe essere, anche a lungo termine, raggiunto».
Secondo Fedora Quattrocchi, il Dipartimento della protezione civile poi, non farebbe ricerca: «Qualora ci fosse un forte terremoto cosa farebbe la Protezione Civile oltre ad epicentri-ipocentri, magnitudo e 4-5 comuni scritti in croce ?? Niente !!!! Già il concetto di Momento sismico è di fatto un punto di “ricerca”, i poligoni faglie Diss è un punto di ricerca, la sismicità storica aggiornata è un punto di “ricerca”, la scelta di dove mandare la rete mobile p un punto di “ricerca”, la scelta dove mandare la rete locale accellerometrica è un “punto di ricerca”, i palloncini dei momenti tensori sono punti di “ricerca, dove mandare i gruppi Emergeo sono un punto di “ricerca”, dove mandare quei geochimici “scomodi” che si intrufolano in pozzi-polle e sorgenti è un punto di “ricerca”» e conclude domandandosi: «Può fare questo una commissione pubblico-privata S.p.a?? No!!».
L’ultimo riferimento è all’ articolo 11 del decreto-legge in cui c’è scritto: «Al fine di garantire economicità e tempestività agli interventi del Dipartimento nazionale della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per le funzioni strumentali del medesimo Dipartimento è costituita una società per azioni d’interesse nazionale con azionista unico la Presidenza del Consiglio dei ministri». Per molti, questo significa un inizio di privatizzazione della protezione civile. Antonio Borghesi, deputato dell’Idv ha presentato un’ interrogazione e il ministro per i rapporti col Parlamento Elio Vito ha risposto: «Posso dirle che allo stato ancora nulla è stato deciso e che spetterà al Consiglio dei ministri, qualora tale proposta venga avanzata, valutare l’opportunità dell’impiego di un tale strumento normativo in relazione alle esigenze di natura temporanea e alle condizioni di fatto sussistenti».
Sulla questione è ovviamente intervenuto anche il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso: «Sono tutte chiacchiere. Il governo sta studiando con grande attenzione ipotesi per fare in modo che la Protezione Civile nazionale, che mi pare in questi anni ha fatto un buon lavoro, possa lavorare ancora meglio».
«Non c’è – continua Bertolaso – assolutamente nessuna ipotesi di trasformare la nostra Protezione Civile, che è una realtà di tutti gli italiani, in qualcosa che sia solo una società privata». Comunque, ha concluso, «non siamo abitati a commentare le chiacchiere, noi ci occupiamo dei fatti».
Non si è mai parlato insomma della trasformazione in Spa del Dipartimento, «ma della possibilità che si costituisca una società in house con compiti strumentali rispetto alle finalità della Protezione civile».
Quello che ne verrebbe fuori, in pratica, sarebbe un tipo di società a capitale interamente pubblico, che si occupa della gestione di reti ed erogazione di servizi pubblici locali: ma i critici sostengono che «in una Spa con capitale totalmente pubblico, cioè Spa in house, tra pubblica amministrazione e società concessionaria sorge un rapporto di netta e sostanziale alterità, nel quale il controllo si riduce a profili di carattere esclusivamente formale dato che la società tende, per sua natura, a esercitare poteri che evidenziano la sua autonomia nei confronti degli azionisti», quindi con la creazione di una società in house che avrebbe compiti strumentali, si costituirebbe comunque qualcosa che ha a che fare col diritto privato che agirebbe in maniera distinta rispetto all'”azionista Protezione civile”.
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