Inni delle Regioni, parole in libertà: Lombardia, Marche, Val d’Aosta X Factor

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 20 Novembre 2013 - 11:19 OLTRE 6 MESI FA
Inni delle Regioni, parole in libertà: Lombardia, Marche, Val d'Aosta X Factor

Inni delle Regioni, parole in libertà: Lombardia, Marche, Val d’Aosta X Factor

ROMA – Inni delle Regioni, parole in libertà: Lombardia, Marche, Val d’Aosta X Factor. Bisognerebbe chiedere una consulenza ai giudici di X Factor, ma così, a orecchio, gli inni delle Regioni non sembrano granché. Anche quando vengono reclutati parolieri illustri, come l’onnipresente Mogol per quello della Lombardia, mai ascoltato e già contestato. “Terra piana, la Padana” pare non abbia convinto Maroni e ne è nato un piccolo, davvero piccolo, caso di rock-politick. Mogol voleva solo evocare la “Lombardia, grande terra mia”,  “coraggiosa senza una bugia”, voleva solo celebrare Milano “senza odio per nessuno”. Chi non ha Giulio Rapetti in arte Mogol, deve arrangiarsi con quel che può.

Non sapevamo che ai piedi della propaganda politica regionale fervesse un laboratorio folle e comico di creatività cantautoriale destinata a sostituire niente meno che la poesia civile, inservibile almeno da Carducci in poi. E quindi, la Sicilia tutta, sui versi del maestro Vincenzo Spampinato, può cantare orgogliosa l’inno “Madreterra”, che fa, più o meno così: “Sei tu il sorriso che fa ritornare. Con l’universo non ti cambierei! Madreterra di Uomini e Dei”.

Agli antipodi della Sicilia, la Valle d’Aosta non è da meno. Ma canta in francese, non certo per un omaggio esistenzialista agli chansonnier parigini, ma per fiera appartenenza alle radici savoiarde e francofone. Ma non c’è traccia di sentimenti rivendicativi, l’inno trabocca del lirismo che solo le grandi altezze possono ispirare: “Montagnes valdôtaines. Vous êtes mes amours, hameaux, clochers, fontaines. Vous me plairez toujours”. Libera traduzione: Montagne della Val d’Aosta, voi siete i miei amori, villaggi sperduti, campanili e fontane, sarete sempre i miei tesori. Cosa non si fa per una rima baciata!

Non ha di questi problemi la Regione Marche. Forse consapevoli di custodire una certa ingombrante eredità leopardiana, i marchigiani hanno evitato parole e parolieri. E si sono affidati al giovane e capelluto Giovanni Allevi per una melodia che l’autore descrive come “legata alla tradizione romantica, perché potesse restituire i caratteri di una terra schietta e alacre, e nello steso tempo poetica e profonda”. Perfetta davanti a un piatto di ciauscolo e olive ascolane.