Dopo due anni di scontri, decine di audizioni tra Camera e Senato, sedute notturne (alcune terminate anche alle 4 del mattino), scioperi, manifestazioni e migliaia di pagine di emendamenti e sub-emendamenti, il disegno di legge contro le intercettazioni rischia di tornare nel cassetto. La maggioranza, a prescindere da un inizio di discussione generale (in totale 7 ore domani a Montecitorio) preferisce non parlarne più fino a settembre. Niente voto sulle questioni pregiudiziali sollevate dall’ opposizione. Niente voto neanche da parte di un ramo del Parlamento.
Il momento politico, si osserva, non è dei più propizi, quindi, meglio soprassedere. La conferenza dei capigruppo di Montecitorio, convocata in serata, ufficializza la decisione: prima della pausa estiva si farà solo la discussione generale del provvedimento. Tanto per incardinare il testo in Aula. Prima si voteranno i due decreti in scadenza, poi, la discussione generale sul ddl. Quindi tutti a casa. Anzi, in vacanza.
I cosiddetti ‘falchi’ del Pdl tirano un sospiro di sollievo: il testo era stato così tanto ”snaturato”, spiegano ai cronisti, da non avere più ”senso”. Del resto lo aveva ribadito ieri anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi parlando agli ambasciatori: ”La legge sulle intercettazioni – aveva spiegato – è stata massacrata da tutti gli interventi” che ha subito, tanto che ”sono tentato dal ritirarla”. Così, per ora, meglio soprassedere. Anche per evitare uno scontro ancora più duro all’interno del partito su un provvedimento tanto ‘delicato’ che è stato oggetto di un lungo braccio di ferro tra i berlusconiani, da una parte, e finiani e Colle, dall’altr
Il ddl, secondo il quale per intercettare occorrono gravi indizi di reato e l’autorizzazione del Tribunale distrettuale del capoluogo riunito in sede collegiale, potrebbe anche riprendere il suo lungo e travagliato iter a settembre, con la ripresa autunnale. Ma potrebbe anche finire nel dimenticatoio, come sostengono numerosi esponenti della maggioranza.
Il provvedimento, che sarebbe dovuto tornare al Senato per confermare le modifiche introdotte a Montecitorio e che puntava anche ad abbreviare gli ascolti (75 giorni prorogabili di 15 in 15), ha scatenato le critiche del centrosinistra, quelle dei magistrati e quelle dei cronisti, che il 9 luglio scorso, contro il ddl, hanno anche organizzato uno sciopero di protesta. In più, osservano nel centrosinistra, ”molte delle intercettazioni che il Pdl voleva impedire che venissero pubblicate sono già uscite sui giornali”, pertanto, il testo non avrebbe più ”una gran utilità”.
Questa diventerebbe così la seconda legge, cosiddetta ‘ad personam’, della legislatura che sembra destinata a finire su ”un binario morto”. Prima della riforma delle Intercettazioni, infatti, la maggioranza aveva messo a punto il ddl sul ‘processo breve’: approvato da Palazzo Madama il 20 gennaio scorso è dal 23 febbraio nei cassetti della commissione Giustizia della Camera.