Notizie addio, per legge. Pubblicare e sapere: diritti “da cassonetto”

Dicono gli editori che a leggere i giornali italiani, su carta o via web, sono circa venti milioni di cittadini. Non deve essere vero, altrimenti avremmo i consumatori di informazione in piazza e furibondi. Se una legge di Stato vietasse ai consumatori di Coca-Cola di trovare le bollicine frizzanti nella bevanda, se una legge di Stato e una volontà di governo imponessero di somministrare al bar il caffè senza lo zucchero, se fosse vietato per legge il sale nell’acqua della pasta, cosa accadrebbe, cosa farebbe la brava, buona e onesta gente? Si sentirebbe defraudata, amputata, scippata e ingannata. Vivrebbe limitazioni e divieti come un colpo diretto e violento alla qualità della propria vita quotidiana. Invece dei giornali senza notizie, per legge senza notizie, ai cittadini consumatori di informazione sembra importare assai poco. Pochi, pochissimi si agitano, nessuno si scompone. Forse quei venti milioni sono un’invenzione.

Cosa fa, cosa dovrebbe fare, perchè esiste un giornalista? Per sapere cose, fatti, avvenimenti prima degli altri e farli sapere potenzialmente a tutti. E cosa dice la nuova legge in fattura, impropriamente battezzata legge sulle intercettazioni? Dice che se il giornalista ha saputo, verificato, controllato una cosa vera, vera nel senso più pieno sostanziale e formale, vera nel senso che esiste nei fatti, nelle circostanze e negli atti di un’indagine giudiziaria, il giornalista quella cosa che ha saputo può, anzi deve tenersela per sè. Se la scrive, se la pubblica è reato, il giornale paga multa, il giornalista pure. E viene anche condannato penalmente il giornalista che pubblica e pure sospeso dall’Ordine professionale. Se vuole pubblicare, aspetti. Aspetti che la legge del governo gli dia il permesso, aspetti non giorni e non settimane ma anni o mesi. Fino a che non è finita l’indagine preliminare. E la gente che vorrebbe sapere? Aspetti e stia tranquilla, prima di ogni altra cosa viene la “Privacy”. Privacy di Stato e di governo. Chi vuol sapere è evidente che non si fa “i fatti suoi”, quindi, siccome i “fatti propri” sono l’unico bene pubblico che conta, farsi i “fatti degli altri” è reato. Sillogismo ineccepibile.

Dice che la fanno questa legge per impedire che sui giornali finiscano le corna o i pettegolezzi. Oppure per impedire che sui giornali si possano leggere conversazioni telefoniche dove corna e pettegolezzi privati sono inestricabilmente mischiati a pubblici “affari”. Dice, ma non è vero. Non si impedisce solo di pubblicare i testi delle intercettazioni, viene vietato anche di pubblicare “per riassunto” il perchè, il come, il quando e il dove uno è indagato. Il diritto a “pubblicare per riassunto” l’aveva chiesto Giulia Bongiorno, l’avvocato difensore di Andreotti, non Di Pietro. Niente, le hanno detto di farsi i fatti suoi. Vietato pubblicare e vietato “registrare”, hai visto mai qualcuno dovesse mandare in onda un “fuori onda”? Scappano tante cose parlando tra politici…

E libertà di telefonare, per dio! Certo non per tutti, non per i criminali che si possono intercettare. Ma solo se ci sono “elementi di prova”. Tradotto: omicidio in una villa dopo una festa. Per tutti gli invitati non ci sono elementi di prova, ma uno di loro è di sicuro l’assassino. Mettiamo sotto controllo i telefoni di tutti? Non sia mai. E per trovare l’assassino? Si faccia come facevano Holmes e Poirot, si ingegnino: nei telefilm l’assassino lo trovano lo stesso. Quando qualche elemento di prova c’è, allora via alle intercettazioni. Ma solo per 60 giorni con proroga massima di 15. Se lo scambio di merce rubata o di droga lo fanno al sessantunesimo giorno, fortunati loro, che ci vuoi fare?

Ma di questi limiti alle indagini la gente può anche non sapere, legittimamente non capire. Ma del divieto di pubblicare come si fa a non sapere e non capire? Eppure questo diritto di sapere, diritto acquisito dall’uomo occidentale e rispettato dai suoi governi, diritto che in occidente governo che lo tocca e sfiora, subito trema e cade, ce lo stiamo vendendo. Anzi lo stiamo regalando gratis. Narra il mito religioso della stoltezza di colui che barattò la primogenitura per un piatto di lenticchie. Altri tempi, qui e ora da noi neanche un piatto di lenticchie. Che so? Barattare la libertà di sapere con mille euro a cranio? Non di più perchè al mercato dei diritti e delle libertà la gente spesso ama “svendere”. Niente, neanche un euro. Buttiamo uno dei diritti civili come inutile roba da cassonetto, di quelle che magari paghiamo qualcuno perchè ce la porti via. Infatti…

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