Intercettazioni. Il “personaggio scomodo” del Governo Berlusconi

Silvio Berlusconi

Il ddl intercettazioni sta diventando il “personaggio scomodo” del Governo Berlusconi. Allora arriva prima il passo indietro di giovedì  sul carcere per i giornalisti, poi il maxi-emendamento sul quale chiedere la fiducia nell’Aula di Palazzo Madama. Esattamente come previsto nei giorni scorsi dal presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro.

A darne parziale conferma è il relatore del ddl Roberto Centaro che, dopo aver avuto un lungo colloquio con il premier a Palazzo Grazioli, intervistato da Sky, non scarta il ricorso alla fiducia: “E’ nella facoltà del governo”, ammette. Berlusconi, intanto fa sapere che la versione ‘soft’ del provvedimento va bene purché non se ne alterino natura e obiettivi. L’importante è che il testo passi senza provocare “pericolose spaccature” nella maggioranza.

Ma, si spiega nel Pdl, molto dipenderà da ciò che accadrà durante la seduta notturna della commissione Giustizia del Senato convocata per lunedì prossimo. In pochi, per ora, conoscono bene il testo che uscirà dalla commissione visto che, tra l’altro, sono stati approvati “molti emendamenti anche del Pd e dell’Idv”, come ricorda il leghista Sandro Mazzatorta. Pertanto, osservano i finiani, prima si dovrà capire bene di che testo si tratta, poi si deciderà il da farsi.

Alla decisione di abbassare i toni avrebbero contribuito più fattori. Prima di tutto l’attenzione con la quale il Quirinale starebbe seguendo l’iter di un provvedimento così delicato. Il capo dello Stato, infatti, già l’anno scorso aveva espresso perplessità, anche al Guardasigilli Alfano, sul rischio di una formulazione che risultasse in contrasto con norme costituzionali a tutela del lavoro di indagine della magistratura, della riservatezza personale, della libertà di stampa e del diritto ad essere informati.

E questi dubbi avrebbero determinato uno stop di diversi mesi all’esame del testo. Comunque, se si dovessero indicare i punti deboli della normativa, questo sarebbe possibile nel passaggio tra Senato e Camera. Secondo punto: si vorrebbe evitare una pronuncia di incostituzionalità visto che, come ribadisce il responsabile Giustizia Idv Luigi Li Gotti, verrebbe violato il diritto all’informazione contenuto nell’articolo 21 della Costituzione.

Terzo fattore: le perplessità dei finiani che, pur assicurando un ‘si’ al ddl come sostenuto da Italo Bocchino, non nascondono di preferire il testo licenziato dalla Camera il 10 giugno del 2009: definendo quello “un compromesso equilibrato” tra le due anime del Pdl. Ma a spingere la maggioranza ad abbandonare il muro contro muro avrebbe contribuito anche il ‘crescendo’ dell’inchiesta ‘grandi appalti’: più si lanciano allarmi sulla questione morale, più si allarga il numero degli uomini di governo coinvolti, meno si può fare la voce grossa su un tema così ‘delicato’ senza dare davvero l’idea di voler mettere il bavaglio alla stampa su ciò che sta succedendo.

 Con tutti i fronti aperti poi, si osserva, quella delle intercettazioni “non è certo una priorità”. Pertanto la gente non capirebbe. Berlusconi, dunque, sarebbe contrariato non solo per il passo indietro che è stato costretto a fare, ma anche per le pressioni di queste ore. A cominciare dall’appello lanciato dal sottosegretario al Dipartimento di Giustizia Usa, Lanny A. Brauer, a non limitare le intercettazioni che “sono uno strumento essenziale nella lotta alla mafia”.

Mal avrebbe digerito anche il coro di proteste: da quelle del presidente Fieg Carlo Malinconico (“con le sanzioni si vuol fare pressione sugli editori”) a quelle di Luca Cordero di Montezemolo che dichiara di “condividere la linea degli editori”. Martedì intanto la conferenza dei capigruppo del Senato dovrebbe calendarizzare il ddl per l’Aula. E nell’attesa, il Capo della Polizia Antonio Manganelli si augura che “si arrivi ad un punto di incontro” sul testo. Mentre la Fnsi per lunedì organizza una videoconferenza dei direttori delle principali testate per parlare di intercettazioni.

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