Intercettazioni alla Camera il 29 luglio, Fini: “Irragionevole, è solo un puntiglio”

Pubblicato il 30 Giugno 2010 - 10:18 OLTRE 6 MESI FA

L’assemblea dei capigruppo della Camera dei Deputati ha deciso: il disegno di legge sulle intercettazioni arriverà in Aula a Montecitorio il prossimo 29 luglio, dopo l’esame della manovra economica. Così facendo il calendario della Camera rispetta il monito lanciato una settimana fa dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, quando il Presidente aveva chiesto che la discussione della manovra finanziaria avesse priorità rispetto a tutto il resto. Resta il fatto, comunque, che con questa calendarizzazione la maggioranza punta ad approvare il ddl prima della paura estiva, prevista per la seconda settimana di agosto. Non è escluso, quindi, che la maggioranza ponga la fiducia “blindando” il testo per approvarlo nel minor tempo possibile.

Fini: “Irragionevole, è solo un puntiglio”. Proteste alla decisione di calendarizzare prima dell’estate la discussione del ddl intercettazioni arrivano da più parti. La critica più aspra è quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini che durante la riunione dei capigruppo avrebbe espresso tutta la sua riprovazione. Calendarizzare a fine luglio di ddl sulle intercettazioni è irragionevole – ha detto Fini – visto che il voto finale è probabile che finisca comunque a settembre, considerato che alla Camera probabilmente ci saranno modifiche”. Il presidente avrebbe anche ribadito che mettere in calendario quel testo a fine luglio ”è solo un puntiglio”. Tuttavia, ha precisato Fini secondo quanto viene riferito da chi era presente alla conversazione, questo ragionamento politico non lo autorizzava a mettere il testo direttamente nel calendario di settembre: facendolo sarebbe, infatti, ”venuto meno al proprio dovere istituzionale” visto che la maggioranza dei gruppi chiedeva l’esame del testo a luglio.

Fini non nega il fatto che le attività di polizia, di difesa e di giustizia a volte necessitino di interventi ”volti a derogare la disciplina generale in materia di tutela dei dati personali”, ma il potere di controllo dello Stato ”deve sempre essere esercitato nel rispetto di determinate condizioni per evitare che l’autorita’ annulli la liberta”’. Per Fini quello che serve è anche la proporzionalità tra le istanze di sicurezza e quelle della tutela della privacy, pertanto sarebbero da preferire la raccolta e la conservazione dei soli dati pertinenti e aggiornati ad ”enormi” ed ”inutili database”.

Solo in questo modo, sottolinea, si risponderà a quanto sostenuto dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo secondo la quale si deve evitare che gli strumenti per assicurare la sicurezza nazionale alla fine minino o distruggano la democrazia ”con il pretesto di difenderla”. Anche in presenza di ”una logica emergenziale” che può caratterizzare determinati periodi storici, avverte Fini, ”lo Stato di diritto non puo’ mai legittimare vistose ed inammissibili violazioni dei principi fondamentali in nome della cosiddetta ‘ragion di Stato”. Non può prevalere la logica del ‘fine che giustifica i mezzi’, osserva ancora il presidente della Camera. Le società democratiche, insiste, non devono rinnegare quello che lui definisce ”il proprio DNA” che si fonda sul ”rigoroso rispetto delle regole e delle procedure a garanzia delle liberta’ fondamentali”.

Perchè i cittadini, afferma, ”pretendono giustamente” di essere rispettati nei loro diritti, nella loro dignità e nella loro riservatezza. E siccome la tecnologia si afferma sempre più come una forza autonoma rispetto ai sistemi politici ed economici, per Fini, acquista ”carattere di urgenza e di indifferibilita”’ la tutela dei diritti fondamentali quali la riservatezza e la sicurezza delle transazioni commerciali nel momento in cui i dati sensibili vengono acquisiti, raccolti e diffusi ”on line”.

Quindi il concetto stesso di privacy, per il co-fondatore del Pdl, presuppone la necessita’ di assicurare ”ad ognuno di noi il controllo esclusivo delle informazioni che ci riguardano” per poter ”compiere scelte libere da ogni condizionamento o pregiudizio sociale”. E’ comunque la stessa protezione dei dati, sostiene Fini, ad offrire ”strumenti giuridici importanti per la difesa dei diritti specie nel caso in cui l’introduzione dei mezzi di indagine particolarmente invasivi per la natura dei reati perseguiti e per l’uso delle nuove tecnologie non e’ andata di pari passo con l’individuazione di idonee garanzie”.

Dopo aver criticato questa accelerazione dei tempi, Fini spiega come sia necessaria una legge che tuteli la privacy dei cittadini. E lo fa intervenendo alla presentazione della relazione annuale del Garante per la protezione dei dati personali nella sala della Lupa di Montecitorio. ”Gli eccessi che causano la prevalenza del diritto all’informazione su quello della privacy devono spingerci a trovare una soluzione diversa da quella di coloro che pensano che il contemperamento tra il diritto alla riservatezza e le esigenze della sicurezza, della legalità e dell’informazione possa scaturire spontaneamente”.

”Una cosa, infatti – aggiunge – è sostenere che una legge possa essere formulata diversamente e meglio, tutt’altra cosa e’, invece, accettare che il costo morale e materiale della sicurezza possa essere pagato da quanti alla fine potrebbero essere riconosciuti come innocenti”.

Se si considerano i due diritti, quello alla sicurezza e quello alla privacy ”come fattori antitetici” e in contrapposizione tra loro, prosegue Fini, si rischia di dimenticare come la sicurezza ”non debba essere concepita come un bene assoluto, quanto piuttosto come uno strumento al servizio dei diritti e delle libertà secondo un rapporto funzionale di complementarietà”.

Franceschini. Critiche arrivano anche dall’opposizione. ”Questo vuol dire – spiega il capogruppo del Pd Dario Franceschini – che il testo non verrà assolutamente votato a luglio ma che sarà necessario arrivare alla prima settimana di agosto. E’ una cosa non logica: serve solo a comprimere l’esame della manovra per un testo che comunque sarà modificato e dovrà tornare al Senato. Insomma, è una forzatura sbagliata”.

Vietti. E dall’Udc Michele Vietti lancia un appello al Pdl: ”Fare una questione di puntiglio significa far spegnere la voglia di dialogare anche in chi quella voglia ha sempre dimostrato di averla”. Ma la maggioranza respinge l’accusa al mittente. ”Nessuna prova di forza ed è assolutamente improprio parlare di forzature”, spiega il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. ”Quel testo – sostiene – è stato 14 mesi alla Camera, poi parecchi mesi al Senato e ora torna in terza lettura e in commissione si stanno facendo pure le audizioni. Andare a chiuderne l’esame entro la prima settimana di agosto è nell’ordine delle cose”.

Siddi: confermato lo sciopero per il 9 luglio. La calendarizzazione in aula alla Camera del ddl Intercettazioni rappresenta un ”atto di forza” secondo il segretario della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, che conferma la ”giornata del silenzio dell’informazione” indetta per il 9 luglio.

Ingroia: se passa il ddl si torna a 40 anni fa. ”Le intercettazioni sono il principale strumento di indagine contro la criminalita’ mafiosa, economica e politica; oggi l’80% delle indagini contro questo genere di criminalità si basa su questo strumento”. Lo dice il procuratore dell’antimafia di Palermo Antonio Ingroia, intervenendo a Repubblica Tv.

Il magistrato osserva che se il ddl passasse senza modifiche ”si tornerebbe indietro di 40 anni”. ”Anche se il ministro Alfano dice che per le intercettazioni di mafia non cambierà nulla, prevedo che in realtà le cose cambieranno e molto. Molte indagini di mafia infatti – spiega Ingroia – non nascono da inchiesta sulla mafia ma da indagini su altri tipi di reati. Sono le inchieste che fanno saltare fuori i politici, i colletti bianchi. Sono le inchieste – aggiunge – che fanno scoprire reati di mafia partendo da indagini su reati ordinari”.

Autori “Einaudi” contro il ddl. Alcuni scrittori pubblicati da Einaudi, da Niccolò Ammaniti a Tiziano Scarpa e Giancarlo De Cataldo, si associano, con una lettera, ”alla protesta di gran parte dei cittadini italiani contro il disegno di legge ‘bavaglio’ che intende limitare l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, il diritto di informazione e la libertà di stampa nel nostro paese”.

Il ddl sulle intercettazioni ”millantando di proteggere la privacy di molti, vuole salvaguardare l’impunita’ di pochi, stendere un velo di segretezza sulla criminalita’ organizzata e, contemporaneamente, reprimere ogni voce di dissenso” dicono i trentotto autori Einaudi firmatari della lettera. Sono: Francesco Abate Niccolo’ Ammaniti, Andrea Bajani, Eraldo Baldini, Giulia Blasi, Ascanio Celestini, Mauro Covacich, Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva, Giorgio Falco, Marcello Fois, Anilda Ibrahimi, Nicola Lagioia, Antonella Lattanzi, Carlo Lucarelli, Michele Mari, Rossella Milone, Antonio Moresco, Michela Murgia, Aldo Nove, Giacomo Papi, Laura Pariani, Valeria Parrella, Antonio Pascale, Francesco Piccolo, Rosella Postorino, Christian Raimo, Gaia Rayneri, Giampiero Rigosi, Evelina Santangelo, Tiziano Scarpa, Elena Stancanelli, Domenico Starnone, Benedetta Tobagi, Vitaliano Trevisan, Simona Vinci, Hamid Ziarati e Mariolina Venezia.

Anche l’Anpi in piazza per la libertà di stampa. L’Associazione nazionale partigiani d’Italia(ANPI) aderisce alla manifestazione dell’1 luglio a Roma per la liberta’ di stampa e contro i tagli alla cultura. ”E’ ora di denunciare unitariamente, con forza, l’atteggiamento del governo – dichiara l’Anpi – che, mentre da una parte proclama la volontà di perseguire la corruzione attribuendosi oltretutto meriti, che sono invece tutti della magistratura e delle forze dell’ordine, nella lotta alla criminalità organizzata, dall’altra priva gli operatori della giustizia di indispensabili mezzi di indagine”.

Il governo, sottolinea l’Anpi, vuole porre ”inedite e assurde limitazioni al diritto-dovere della stampa di fare libera informazione e del cittadino di riceverla come espressamente sancito dall’art. 21 della Costituzione”. L’Anpi invita dunque a dire ”tutti insieme un no forte, responsabile, massiccio a chi intende cancellare la democrazia dal Paese”.

Funzionari polizia: è un ddl karakiri. ”Non comprendiamo perche’ i rappresentanti delle forze di polizia non vengano sentiti in commissione giustizia sul ddl intercettazioni”. Lo afferma l’Associazione nazionale funzionari polizia, attraverso il segretario nazionale, Enzo Marco Letizia, ricordano ”le tante criticita’ di interesse investigativo” sollevate dal testo. E definendo il ddl approdato in terza lettura alla Camera ”un autentico karakiri dello Stato nella lotta alla criminalità”.

Tra le criticità ”l’aver esteso le norme che regolano le intercettazioni anche all’acquisizione del traffico telefonico di un’utenza, il cui esame è necessario per individuare e verificare piste investigative”. Inoltre, i tabulati telefonici sono uno strumento essenziale nella repressione di quei reati per cui non e’ prevista l’intercettazione, come il furto dei telefoni cellulari o dei computer portatili”.

E ancora, ”essenziali sono i tabulati del traffico transitato su una cellula telefonica ubicata nei pressi ove è stato commesso un omicidio, un rapimento, una strage”. Con le nuove norme, ”non sarà, poi, più possibile – aggiunge Letizia – acquisire il traffico del telefono rapinato a una donna dopo esser stata stuprata”.

O ”individuare i telefoni cellulari in uso a un indagato di cui non e’ intestatario nè lui nè i suoi familiari o conoscenti”. Esempi che ”possono continuare all’infinito”. Oggi, fa notare l’Anfp, ”la tecnologia unita alle intercettazioni garantisce una risposta efficace contro la criminalità anche in presenza di una drastica riduzione degli organici. Il mancato turn over consente, nel tempo, di far conoscere i poliziotti alle organizzazioni criminali del luogo, perciò essi saranno bruciati per qualsiasi attività di pedinamento o appostamento”. Servizi che ”vengono sostituiti efficacemente da radio localizzatori, telecamere, intercettazioni telefoniche e microspie”.

Calendario della Manovra. La manovra economica, invece, sarà licenziata dall’aula della Camera ”al massimo” nella mattinata del 29 luglio. La discussione generale sul testo in Assemblea inizierà il 23 luglio. E’ presumibile che arrivi dal Senato tra il 7 ed il 9 luglio, e resterà in commissione per almeno 15 giorni.

Il presidente della Camera ha fatto notare che a Montecitorio deve essere votata in tempo per consentire al Senato di ratificare eventuali modifiche: giacchè scade alla fine del mese dovrà essere licenziata al massimo entro la mattina del 29 luglio.