La campagna elettorale in Iraq non è ancora cominciata ma la frenesia è già palpabile e i politici hanno lanciato un’intensa attività di propaganda.
Il debutto della competizione è stato reso incerto fino all’ultimo da una crisi apertasi tra il governo guidato da Nuri Kamal-al-Maliki e la Corte Costituzionale. Quest’ultima ha deciso di ribaltare la decisione presa dal governo di impedire la candidatura di diverse centinaia di politici perché accusati di aver avuto in passato legami col regime di Saddam Hussein. La decisione aveva lasciato un velo di sospetto perché andava a colpire maggiormente gli oppositori dell’attuale primo ministro. Subito avevano manifestato la loro preouccupazione gli Stati Uniti ed Onu.
Le interdizioni erano sembrate sospette a causa di due fattori. Da una parte, erano stati considerati sufficienti per determinare un’esclusione legami anche estremamente tenui con il partito di Saddam Hussein . D’altro canto, le modalità delle scelte della commissione elettorale non sono state mai rese pubbliche, così come le prove a loro sostegno. Per un’operazione così massiccia, un candidato su sei, ci si sarebbe aspettata più trasparenza.
La decisione della Corte di rovesciare la decisione del governo appare, in questo contesto, come un rafforzamento dell’indipendenza del sistema giudiziario. La sentenza è arrivata dopo settimane di discussioni dietro le quinte tra diplomatici americani e funzionari di Baghdad. Barack Obama, preoccupata del buon esito delle elezioni, ha perfino mandato sul campo il vice-presidente Joseph R. Binden per uscire dall’impasse.
La decisione dei giudici è arrivata appena in tempo per scongiurare la minaccia di un boicottaggio delle elezioni da parte di Iraqiya, coalizione guidata dall’ex primo ministro sciita, Ayad Allaway. Il movimento, rilevante per dimensioni e sostegno popolare, raccoglie al suo interno sunniti e laici. Ma, soprattutto, è considerato come il più serio avversario a Mailiki.
Il presidente Maliki non ha accolto la decisione dei giudici con favore. Una crisi istituzionale sembra ancora possibile e dipende in larga misura dalla reazioni del governo. Il primo ministro ha fatto sapere che non ritiene che la commissione elettorale incaricata di esaminare le candidature sia vincolata alla recente decisione della corte costituzionale.
A solo qualche giorno dall’inizio della campagna elettorale questa affermazione rappresenta un enorme spada di Damocle sull’esito della competizione. Tra qualche settimana, la commissione elettorale potrebbe infatti, ignorando la decisione della Corte Costituzionale, incaricarsi di dichiarare ineleggibili i rappresentati appena eletti, annullando così di fatto la volontà popolare.
Le recenti tensioni tra potere esecutivo e potere giudiziario sono sintomi preoccupanti per l`equilibrio istituzionale dell´Iraq.