ROMA – Correva l’anno 1911 e il primo ministro Giovanni Giolitti annunciava la conquista italiana della Cirenaica e della Tripolitania: era la Libia di un secolo fa, Roma interveniva per “liberarla” dai turchi. Ora che sono passati cenbto anni da quell’Italietta che guardava oltre confine e si scagliava contro l’Impero Ottomano con 1732 marinai al comando del capitano Umberto Cagni, l’Italiona, o che si sente tale, guidata dal governo di Silvio Berlusconi parte al seguito della cordata occidentale pronta a cacciare il dittatore del deserto.
Il rais in questione è Muammar Gheddafi, colonnello autore del Libro Verde, “cane pazzo” per Ronald Reagan, “Micheal Jackson” libico per la comunità internazionale e uomo dai mille bluff. Berlusconi lo ha ospitato in Italia, lo ha accompagnato con le amazzoni al seguito in giro per la capitale fino all’anno scorso e l’Eni ha una storia lunga cinquant’anni di contratti nel nome del petrolio in Libia.
Adesso però, sotto l’egida delle Nazioni Unite, della democrazia e della liberazione dei ribelli, Roma ha deciso di scomodare basi militari, aerei, radar e soldati per intervenire in Libia.
Un secolo fa oltre 100.000 soldati italiani riuscirono ad ottenere dalla Turchia quelle regioni auspicate, ma solo la Tripolitania fu effettivamente controllata dal Regio esercito italiano sotto la guida del governatore Giovanni Ameglio.
Gea della Garisenda nuda, avvolta solo in un tricolore, glorificava l’impresa coloniale Italiana in Libia, con toni trionfalistici (Sai dove s’annida più florido il suol? Sai dove sorride più magico il sol? Sul mar che ci lega coll’Africa d’or, la stella d’Italia ci addita un tesor).
Adesso a terra, parola del ministro della Difesa Ignazio La Russa, non si combatterà. Gli italiani saranno impegnati in raid aerei probabilmente per fare rispettare la no fly zone in Libia, ovvero per evitare ufficialmente che i fedelissimi di Gheddafi bombardino i civili, come da risoluzione Onu approvata il 18 marzo.
La storia si ripete insomma e l’Italia cerca di ritagliarsi il suo piccolo pezzetto di gloria sulla scena internazionale, si accoda alla Francia di Nicolas Sarkozy, avvelenata dalle parole del rais libico, all’America lontana del democratico Barack Obama e alla Gran Bretagna di David Cameron che promette che non si farà ingannare da Gheddafi.
Per ora è solo un’azione di cielo, questione di aerei, basi e radar per “liberare” la Libia dal dittatore. E dopo? Che farà l’Italia con i libici, se dovesse farcela a intervenire e ad avere quel “ruolo di primo piano” che tanto sfoggia il ministro degli Esteri Franco Frattini? Durante il Fascismo la politica italiana si fece più aspra: dal 1921 al 1925 il Governatore della Tripolitania, Giuseppe Volpi, diede il via a nuove campagne militari e conquistò Misurata, la Gefara, il Gebel Nefusa e Garian e se la prese con i ribelli.
Adesso quelle fame di conquista non c’è, né nelle idee e nemmeno nelle prospettive pratiche, ma la voglia di autocelebrazione per distogliere l’attenzione forse dai problemi interni sembra che ci sia. La storia sì che si ripete, perché, anche se sono passati cent’anni, adesso a Tripoli si guarda sempre con la voglia di contare qualcosa, di aver reso l’Italia un’Italiona capace di mandare a casa anche uno showman pericoloso come Gheddafi. Persino Claudio Villa regalò la sua voce a quella Tripoli, bel suol d’amore.
E Roma spera forse di scrivere un altro pezzetto di storia, perché almeno quella coloniale venne cantata e ricantata. Patty Pravo intonava in Tripoli 69 ma tripoli cos’è, è il primo nome che mi viene in mente te, lo immagino lontano..dove non so, in cerca di battaglie…perché, perché ogni uomo è fra battaglie non può pentirsi.
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