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Iva non si tocca, Imu torna in ballo la seconda rata. Servono 5 mld

di Daniela Lauria |4 Ottobre 2013 12:05

Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta

ROMA – Dopo l’aumento dell’Iva, torna a far capolino anche la seconda rata dell’Imu: il 16 dicembre prossimo potrebbe essere di nuovo giorno di pagamento dell’odiata imposta sugli immobili. E mentre il governo, appena “rifiduciato”, è a caccia di 5 miliardi da trovare entro fine anno per l’aggiustamento del deficit, la Cig in deroga, le missioni di pace all’estero e altre urgenze finanziarie, i falchi Pdl fiutano il pretesto per un nuovo conflitto.

“L’Iva è scattata, alla seconda rata Imu ci penseremo a dicembre, dopo quello che è accaduto ieri, oggi si parla solo di legge di stabilità”, dice ai cronisti Pierpaolo Baretta, sottosegretario Pd all’Economia e all’epoca del governo Monti relatore della finanziaria insieme a Renato Brunetta. Conferma il suo pari all’Economia, Stefano Fassina: “Certamente rimane il problema di reperire 5 miliardi di euro entro la fine dell’anno per gli interventi previsti, sarà necessario fare delle scelte”.

La verità nuda e cruda l’ha già detta ieri il loro capo, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni: “Non c’è niente da fare” ha detto in Parlamento ricordando che il passaggio dal 21 al 22 per cento dipende direttamente da precedenti provvedimenti legislativi.

Nel conto di quei 5 miliardi, in teoria, ci dovrebbero essere anche i 2,5 miliardi per l’azzeramento della seconda rata Imu. Ma per l’Iva la partita è chiusa: piuttosto ci sarà una rimodulazione delle aliquote, il che significa rivedere sia le attuali esenzioni sia la misura delle aliquote agevolate in vigore (4% e 10%) nonché beni e servizi che sotto di esse ricadono.

La verità è che al Tesoro i soldi certi sono solo gli 1,6 miliardi di euro necessari a correggere il deficit dal 3,1% al 3%, punto irrinunciabile per l’Europa e per Saccomanni che il prossimo 10 ottobre partirà per l’assemblea annuale del Fondo Monetario internazionale.

E mentre in Parlamento si fa strada un emendamento del Pd che ripropone l’Imu sulle case di lusso per garantire un gettito di 1,2 miliardi, da utilizzare in parte (750 milioni) per ridurre l’Iva dal primo novembre e rifinanziare la cig, in area Pdl c’è chi fiuta un altro casus belli. Che poi è sempre lo stesso. Il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, già attacca: “Dall’agenda politica del governo sembrerebbero essere spariti i migliori propositi: congelamento dell’aumento Iva ed abolizione dell’ultima rata dell’Imu, che verrà scaricata sugli esangui bilanci famigliari”.

Il guaio è che Enrico Letta, nel suo discorso sulla fiducia alle Camere, ha in un certo senso riscritto il patto della maggioranza. Su Iva e Imu ha confermato la “rotta degli impegni assunti”, non “gli impegni assunti” tout court. Mentre è diventato determinante il Patto di Genova tra sindacati e imprese: il cuneo fiscale, ovvero l’abbassamento delle tasse sul lavoro sarà il nuovo faro sotto la cui luce scrivere la legge di stabilità.

Da qualunque lato la si tiri la coperta è sempre troppo corta. La scadenza è il 15 ottobre, giorno ultimo per varare la legge di stabilità ma, a conti fatti, la questione torna ad essere squisitamente politica. Rimettere in discussione la seconda rata Imu è un’operazione rischiosa che porrebbe subito in seria difficoltà l’alleato Angelino Alfano, ridando fiato ai falchi del Pdl, già pronti a dar battaglia sul punto.

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