Iva, il piano di Fabrizio Saccomanni: un miliardo per spostare aumento a ottobre

Fabrizio Saccomanni
Fabrizio Saccomanni (foto LaPresse)

ROMA – Non una soluzione, ma almeno un piano per impedire che l’Iva scatti dal 21 al 22% già a partire dal primo luglio c’è. Nulla di ufficiale e di formalizzato anche perché il diretto interessato, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni in materia si limita a ribadire soltanto che “c’è molto da lavorare”.

Ovvero, il governo sta cercando una soluzione, cioè soldi, per impedire che tutto succeda esattamente come disposto dall’allora ministro Giulio Tremonti. Per Saccomanni la situazione è complessa. Da un lato c’è il pressing della componente Pdl sul governo. Renato Brunetta è il più irrequieto ma non è il solo. E poi c’è la madre di tutte le questioni, la cassa desolatamente vuota. Tra sospensione dell’Imu e pacchetto lavoro non c’è disponibilità.

Eppure i tecnici di Saccomanni qualcosa avrebbero trovato: disponibilità economiche non per scongiurare l’aumento ma per spostarlo di almeno tre mesi: un miliardo di euro raggranellato con tanti piccoli tagli. Non sarebbe la soluzione e non sarebbe neppure la prima volta. Ma sarebbe almeno la pezza che consente al governo di rimandare la questione Iva a tempi che si sperano migliori. Per Saccomanni, però, se ne parla solo in caso di “larghe intese”, ovvero con un consenso esplicito anche del Pdl.

Scrive sul Corriere della Sera Stefania Tamburello:

“Serve una larga intesa” ripete da giorni. Come dire che il problema è politico non tecnico. Perché se così fosse, se si trattasse solo di numeri non ci sarebbero molte alternative al restare fermi, a non toccare nulla. Perlomeno in questa fase. Perché le risorse per finanziare la misura fiscale, dopo la sospensione dell’Imu e il pacchetto lavoro, sono scarse. Saccomanni non dà cifre ma dal Tesoro filtra che i tecnici del ministero sarebbero comunque riusciti a recuperare i fondi, circa 1 miliardo, necessari a sostenere un rinvio dell’aumento dell’Iva di tre mesi. La decisione comunque sarà «collegiale» come lo sarà l’eventuale assunzione di costi più gravosi. Nelle casse dello Stato non ci sono infatti tesoretti o riserve, ma solo capitoli di spesa e di entrata da verificare per vedere se ci sono spazi da recuperare.

L’obiettivo per recuperare fondi è quello della lotta agli sprechi. Come? Con una versione della spending review ancora più severa da quella messa a punto da Enrico Bondi per il governo Monti. Sacrifici, quindi. Da qui l’appello di Saccomanni alle larghe intese, ad assumersi la responsabilità tutti inisieme.

 

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