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Jihad, Gentiloni: “Ci vuole anche la risposta militare”

di Warsamé Dini Casali |7 Aprile 2015 9:22

Jihad, Gentiloni: “Ci vuole anche la risposta militare”

ROMA – Jihad, Gentiloni: “Ci vuole anche la risposta militare”. “Per contrastare il terrorismo è inevitabile il risvolto militare. Qualcuno potrà scandalizzarsi, ma questi gruppi vanno affrontati anche sul piano militare”. Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in un’intervista al Corriere della Sera, torna sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo e non esclude il ricorso all’uso della forza.

“Facciamo parte di una coalizione militare anti Daesh impegnata soprattutto in Iraq e in Siria. Ma in futuro si potrebbe valutare l’opportunità di contribuire al contrasto del terrorismo in Libia o di fenomeni come Boko Haram in Nigeria, per esempio. I carabinieri italiani sono impegnati in Somalia per contribuire alla formazione e all’addestramento delle forze armate locali che devono combattere proprio contro i responsabili della strage di Garissa.

Insomma, c’è una dimensione militare”. E riflette: “c’è una gravissima minaccia nei confronti di tanti cristiani in diverse parti del mondo. E bisogna fare di più. Ma da anni – sottolinea il ministro – c’è un male europeo, quella miscela tra egoismo e ignavia che spinge a voltare lo sguardo dall’altra parte rispetto a ciò che accade oltre il nostro piccolo mondo antico”.

Gentiloni torna poi sull’editoriale di Ernesto Galli della Loggia, che il 5 aprile sulle pagine del Corriere ha proposto che l’Italia costruisca ospedali, scuole e case per i profughi cristiani: “Potrei cavarmela dicendo che già lo facciamo”. “Ma dobbiamo sapere che l’Italia non sta facendo abbastanza perché le risorse messe a disposizione non sono all’altezza della civiltà che rappresentiamo”.

“Dobbiamo decidere – sottolinea il ministro – se vogliamo assumerci responsabilità chiare, svolgere il nostro ruolo oppure se dobbiamo continuare a tenere questi problemi al di fuori del nostro piccolo mondo, che poi è una semplice illusione. Ma questo comporta spese, e ciò riguarda anche l’opzione militare”.

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