Jobs act: ok in Commissione Senato. Pd spaccato (ma vota sì). M5S e Sel lasciano lavori

Jobs act approvato in Commissione Senato. M5S e Sel abbandonano lavori
La Commissione Lavoro al Senato (LaPresse)

ROMA – Il Jobs act è stato approvato dalla Commissione Lavoro del Senato. Il disegno di legge delega sulla riforma del lavoro sarà quindi discusso nell’aula del Senato a partire da martedì 23 settembre. In polemica con l’andamento dei lavori in Commissione, il Movimento 5 Stelle e Sel hanno abbandonato i lavori.

“Si discute di una delega in bianco, di fatto si modifica lo Statuto del lavoratori – dice Sara Paglini di M5S – non è accettabile”. Secondo Sel e 5 Stelle sugli emendamenti è in atto “una farsa”.

Forza Italia si è astenuta, mentre gli otto componenti del Pd hanno votato tutti sì. Ma “il dibattito interno al partito del premier prosegue”, eufemismo per dire che il Pd è spaccato. Da una parte Renzi e Poletti con la maggioranza del partito, dall’altra Bersani, Fassina e le componenti più vicine alla Cgil. La spaccatura è tale che l’agenzia Ansa dà come una notizia “con priorità” il fatto che gli 8 delegati del Pd in Commissione abbiano votato sì al testo del governo. 

Un primo appuntamento è la riunione dei senatori pd sul Jobs Act, che si terrà martedì, proprio nel giorno in cui il testo della legge delega arriverà in Aula. Un secondo e forse più importante appuntamento è la direzione del Pd, convocata per l’1 o il 2 di ottobre e richiesta proprio dalla minoranza del partito, per discutere della legge di stabilità e della riforma del lavoro.

ULTIMI AGGIORNAMENTI:

Poletti, nessuna modifica su emendamento. “Non è previsto” che il Governo “faccia correzioni sul testo, adesso c’è il lavoro parlamentare”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, rispondendo a una domanda su eventuali modifiche all’emendamento al Jobs Act. Sul dl lavoro e l’emendamento presentato dal Governo “la discussione va avanti, abbiamo depositato un emendamento che accoglie le posizioni della maggioranza che non ha presentato subemendamenti”. Così il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, a margine di ‘Alliance for youth’, di Nestlè.

Pagani (Ministero dell’Economia), riforma possibile entro fine anno. Il capo gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Pagani, ritiene possibile il raggiungimento dell’obiettivo della riforma del mercato del lavoro entro la fine dell’anno. Intervenendo al convegno Euromoney ha detto: ”Penso di sì, penso che si possa avere all’inizio del prossimo anno, direi anche alla fine di questo”.

Cantone (Spi), daremo battaglia su art.18 e jobs act. Sul fronte del lavoro ”pensiamo davvero di dare battaglia sull’articolo 18 e sul jobs act”. Lo ha detto in un passaggio del suo intervento al direttivo dello Spi-Cigl Lombardia a Cattolica, nel riminese, il segretario generale della stessa organizzazione sindacale, Carla Cantone. ”Lo Spi – ha osservato – mette al centro il lavoro e noi saremo in piazza a difesa dell’articolo 18, del lavoro, dei diritti, della giustizia sociale. Noi – ha concluso Cantone – saremo lì perché è il nostro futuro e non è alle nostre spalle”.

Rete Conoscenza, con Jobs Act tutele zero. “A pochissimi giorni dal lancio della Consultazione sul Piano Scuola il governo cambia idea sul dibattito democratico di cui necessitano le riforme e blinda i tempi e i temi di discussione del JobsAct”, afferma Riccardo Laterza, portavoce nazionale della Rete della Conoscenza. “Il governo – prosegue l’esponete della Rete della Conoscenza – vuole superare “l’apartheid” tra lavoratori garantiti e non estendendo a tutti la precarietà. Il contratto a tutele crescenti, così come finora descritto, riforma infatti il tempo indeterminato flessibilizzando ulteriormente l’ingresso e l’uscita dal mercato del lavoro. Lo sfoltimento delle tipologie contrattuali – allo stato dell’arte della riforma – non è che una delega in bianco in mano al governo, pericolosa non soltanto perché mancano del tutto proposte di incentivi alla stabilizzazione ma anche perché così facendo il rischio che il contratto a tutele crescenti rimanga uno fra i tanti a disposizione dei datori di lavoro rimane concreto”. “Tutte le riforme degli ultimi 20 anni hanno introdotto flessibilità nel mercato del lavoro italiano, non hanno arginato e sono anzi complici dei tassi di disoccupazione giovanile superiori al 40% che oggi subiamo. Se il governo ha il coraggio di descrivere il JobsAct come una riforma rivoluzionaria in tal senso vuol dire che esso è vittima della sua stessa retorica di cambiamento. Se inoltre l’intento della riforma – continua nella nota la Rete della Conoscenza – è far diventare il contratto a tutele crescenti il canale d’ingresso principale nel mondo del lavoro, l’intero impianto di riforma è poco credibile, anzi contraddittorio. Il decreto Poletti infatti, stabilendo l’acasualità del contratto a tempo e aumentando le possibilità di proroga, ne liberalizza totalmente l’utilizzo. Il jobs act altro non sembra far che ratificare l’atipicità del contratto a tempo determinato”.

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