ROMA – Il Jobs Act passa con 316 voti e con 37 deputati Pd rimasti fuori dall’Aula per protesta. Dovevano essere una trentina, sono stati di più: 30 deputati democratici infatti, poco prima del voto, hanno diffuso un documento in cui spiegavano le ragioni del dissenso.
Il numero 37, su un numero totale di 307 deputati democratici, segnala uno scontento che si fa protesta aperta, probabilmente rinforzata dal massiccio astensionismo alle recenti elezioni regionali che ha penalizzato (anche) il Pd targato Renzi.
Oltre ai quaranta dem astenuti, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. I no sono quelli di Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini.
Pierluigi Bersani aveva annunciato il suo sì. Nonostante le modifiche apportate alla Camera, l’impianto della delega sul lavoro non è stato ritenuto soddisfacente dai 37 del Pd. Tra i firmatari del documento di protesta figurano Cuperlo, Bindi, Boccia, Zoggia, D’Attorre.
In totale hanno votato no solo sei deputati, 5 gli astenuti. L’opposizione, composta da Forza Italia, Lega, Sel e M5S, è rimasta fuori dall’Aula.
Inizialmente soltanto la Lega aveva annunciato la sua non partecipazione al voto finale sul Jobs Act. E’stata, dunque, una sorpresa vedere oltre ai deputati del Carroccio e di M5s anche quelli di FI e di Sel abbandonare l’emiciclo poco prima della votazione finale. Ad accendersi sono state soltanto le lucine sul tabellone relative alle postazioni di voto dei deputati della maggioranza.
Il testo ha bisogno di un ulteriore passaggio al Senato viste le modifiche inserite dalla Commissione Lavoro per accogliere gli emendamenti frutto del compromesso tra governo e minoranza Pd sull’articolo 18. Il voto finale a palazzo Madama è previsto per il 3 o il 4 dicembre.
(Foto Ansa).
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