ROMA – Jobs Act verso la fiducia alla Camera. E la minoranza del Pd non ci sta: “Non voterò su una delega in bianco”, è la posizione di Stefano Fassina e di Francesco Boccia. E Pippo Civati non nasconde l’ipotesi di una scissione: “Vedremo se uno sarà costretto ad andare via oppure se sarà possibile restare nel Pd, ma con un’agibilità”.
A parlare apertamente di una possibile richiesta di fiducia sulla riforma del Lavoro, giovedì mattina, era stato Filippo Taddei, responsabile Economia e Lavoro del Pd:
“La fiducia alla Camera? E’ una concreta possibilità ed è l’orientamento del presidente del Consiglio. Il dibattito è in corso ma contano i tempi e i risultati. Anche se resta in piedi la strada alternativa di garantire l’entrata in vigore dal primo gennaio anche con modifiche da verificare”.
Taddei ha detto di vedere il presidente del Consiglio propendere per la forzatura sulla riforma del mercato del lavoro piuttosto che per l’apertura alle modifiche richieste dalla minoranza del partito, che propone un emendamento per salvare nell’articolo 18 i licenziamenti disciplinari.
A rincarare la dose ci pensa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che sostiene che l’unico interesse del governo è “il risultato finale”, cioè l’approvazione del Jobs Act entro la fine dell’anno, mentre
“stiamo già lavorando ai decreti attuativi, perché siano pronti entro inizio anno per chi vuole assumere. La fiducia? Le modalità sono nella libertà del Parlamento”.
Così è esplosa la reazione delle anime della minoranza Pd.
Stefano Fassina annuncia che non voterà la
“fiducia su una delega in bianco. Noi non vogliamo rallentare le riforme, però vogliamo migliorarle. Siamo andati in direzione, qualcuno ha parlato, anche se ha avuto poco senso, ma abbiamo voluto dare ancora una volta il nostro contributo per cercare di fare le riforme, ma di farle bene. Mettere una fiducia in bianco su una delega che riguarda i diritti fondamentali dei lavoratori diventa, a mio parere, un problema di rilievo costituzionale. In un clima così complicato come quello che stiamo vivendo sarebbe una forzatura, negare la possibilità di discutere allontana ancora di più dalle istituzioni i cittadini”.
Il presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia dice che
“se il governo Renzi porrà alla Camera la fiducia sul testo del Jobs Act, così come è uscito dalla prima lettura al Senato, cioè il testo Sacconi, e non lo modifica con la norma approvata nella direzione Pd sui licenziamenti disciplinari, io non posso votarla, sarebbe un errore. Il mondo andrà avanti ma nella vita bisogna assumersi responsabilità”.
Pippo Civati allarga lo scenario:
“Dai prossimi passaggi (legge elettorale, riforme, Jobs Act, manovra) si capirà tutto. Vedremo se uno sarà costretto ad andare via oppure se sarà possibile restare nel Pd, ma con un’agibilità. Non c’era motivo di pensare che il patto del Nazareno non continuasse, nonostante i distinguo. Crollerebbe tutto, altrimenti. Berlusconi fa sponda a Renzi, non ricostruisce il centrodestra e si mostra molto più disponibile del passato a mantenere gli accordi. A proposito del Jobs Act, se si continua così, alla Camera il dissenso crescerà”.