La Corte costituzionale blocca le intercettazioni indirette dei parlamentari

Pubblicato il 25 Marzo 2010 - 19:18 OLTRE 6 MESI FA

La Corte costituzionale mette un freno alla possibilità di “picconare” la legge Boato che limita l’uso processuale di intercettazioni di parlamentari sostenendo che anche le captazioni casuali degli onorevoli (quelle nelle quali ad essere messa sotto controllo è l’utenza di qualcuno che conversa con il parlamentare) devono essere autorizzate dalla Camera, specie se i pm finiscono per “prendere di mira”, negli ascolti, il politico finito casualmente nell’inchiesta.

E poi – dicono i giudici costituzionali – non si può parlare di intercettazioni casuali quando il parlamentare risulta addirittura già iscritto nel registro degli indagati. Così la Consulta ha dichiarato inammissibili due ricorsi, uno promosso dal Tribunale dei ministri di Roma e relativo a intercettazioni dell’ex ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio nell’ambito di una inchiesta del pm di Potenza John Woodcock; l’altro dal gip e dal gup di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti dell’imprenditore campano Alfredo Romeo nella quale sono finiti i parlamentari Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Udc).

In particolare la Corte ha bocciato il sospetto di incostituzionalità dei limiti alle intercettazioni rilevando anche che, dalle carte giudiziarie, non si capisce nemmeno se l’ex ministro sia stato intercettato o se è stato tirato in ballo solo da conversazioni degli altri indagati. A fronte di queste “carenze di descrizione della fattispecie” la Consulta ha bocciato l’istanza del Tribunale dei ministri. Invece la Consulta scrive che è “forte” il sospetto che si cerchi di far passare per ‘casuali’ intercettazioni che difficilmente possono essere considerate tali dal momento che il parlamentare risulta già iscritto nel registro degli indagati.

Insomma più che “occasionali” queste intercettazioni sembrerebbero “mirate”. In questo caso la bocciatura della Consulta alla richiesta di mettere in discussione la legge ‘Boato’ è stata pronunciata per l’assenza di verifiche preventive su numerosi aspetti, tra i quali il numero delle conversazioni intercorse tra il parlamentare e il terzo sottoposto ad intercettazione, all’arco di tempo nel quale si sono svolte le captazioni e le proroghe.