L’accusa dei parlamentari: le Camere al servizio delle lobby

La maggior parte degli atti parlamentari è inutile, al servizio di lobby e interessi particolari che finiscono per ingolfare l’attività delle Camere. Sono gli stessi deputato e senatori ad ammetterlo: in 102, a oggi, hanno risposto alle domande di OpenParlamento.it, sito che monitora l’attività di Camera e Senato e che ha chiesto agli inquilini di Palazzo Madama e Montecitorio di contribuire all’elaborazione di un sistema per misurare la loro produttività.

Come riporta il Corriere della Sera, quel che emerge da questo primo spezzone di consultazione è uno spaccato, originale e dall’interno, delle inefficienze e dei problemi del Parlamento accompagnato da alcuni suggerimenti per valutare meriti e demeriti dei politici. Tra i maggiori impacci all’efficienza dell’organo legislativo, secondo coloro che lo abitano, ci sono innanzitutto le proposte che non guardano al bene generale ma a interessi particolari. «Il problema è separare le proposte “clientelari” ossia tese a soddisfare pressioni che provengono da categorie, aree geografiche fatte proprie secondo criteri di opportunismo, da quelle motivate da convincimenti reali e finalizzate al cosiddetto bene comune», scrive in una sua risposta il senatore del Popolo delle Libertà Cristiano De Eccher.

Sulla stessa linea Antonio Rusconi , anche lui di stanza a Palazzo Madama ma sui banchi del Partito democratico, quando parla di disegni di legge «improbabili», che hanno pochissime chance di essere approvati ma servono «esclusivamente per dimostrare al proprio mondo di appartenenza una determinata fedeltà». Il risultato finale di queste proposte troppo mirate è di «ingolfare i lavori parlamentari». L’intasamento da interesse particolare, dopo tutto, è un male che colpisce a destra e sinistra, certe volte contemporaneamente.

Lo denuncia Filippo Bubbico, senatore del Pd, che scrive di emendamenti «a valenza limitata, territoriale o settoriale» che riescono sempre a trovare qualcuno che li sostiene indipendentemente dalla casacca: «Capita spesso – nota – che identici testi risultino proposti da vari parlamentari, talvolta di schieramenti diversi. Sono stati illuminati dalla stessa fonte». A finire nel mirino sono anche le perdite di tempo e le lungaggini che derivano dall’inflazione delle proposte di legge, molte delle quali senza fine.

L’onorevole Mario Barbi (Pd) denuncia per esempio di disegni di legge che «migrano da una legislatura all’altra tramandandosi in formato fotocopia» e spinge per l’introduzione di criteri di penalizzazione: «Ci sono poi ddl – spiega – che dovrebbero avere un valore negativo, cioè andrebbero classificati con il segno meno davanti, per l’onere di spesa, per l’ispirazione demagogica». Il collega Pino Pisicchio del Gruppo Misto è ancora più drastico e parla di Camere svuotate del loro significato: «Il Parlamento del porcellum non garantisce l’autonomia sancita dall’articolo 67 della Costituzione e dunque la produzione legislativa di origine parlamentare è praticamente azzerata».

Sono pochi, secondo Pisicchio, i tipi di atto che ancora restano a disposizione di onorevoli e senatori e, purtroppo, finiscono per essere inflazionati: «L’unico risibile ristoro è l’approvazione della mozione, della risoluzione e dell’ordine del giorno, la cui produzione è diventata inutilmente alluvionale e del tutto priva di efficacia». Sull’inflazione di proposte insiste anche Paolo Giaretta, senatore Pd, che se la prende con «la quantità di atti prodotti» che «possono anche significare un costo inutile e una perdita di tempo e incisività per i lavori parlamentari se non si accompagnano a una effettiva qualità e finalizzazione».

Gestione cookie