ROMA – La riforma del lavoro è diventata legge e nei tempi giusti. Giovedì il premier Monti può portare al vertice europeo una riforma chiesta da tempo da Bruxelles. Significativo il voto della Camera. Il provvedimento è stato approvato con 393 sì, 74 no e 46 astenuti. Significa che a conti fatti il Pdl ha fatto mancare 87 dei suoi 209 voti.
Dalle nuove norme sui licenziamenti, che vengono resi un po’ più facili, ai contratti a tempo passando per le nuove forme di sostegno a reddito (Aspi) e per l’introduzione del salario base per i lavoratori subordinati: sono queste alcune delle novità principali della riforma. Ecco le misure chiave.
ART.18, ARRIVA LA RIFORMA. Addio reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici. Prevista in alcuni casi un’indennità risarcitoria. La procedura di conciliazione, obbligatoria in questo primo caso, non potrà più essere bloccata da una malattia ”fittizia” del lavoratore. Uniche eccezioni saranno maternità o infortuni sul lavoro. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge.
CONTRATTI A TEMPO. La durata del primo contratto a termine, che può essere stipulato senza che siano specificati i requisiti per i quali viene richiesto (la causale), sarà di un anno. Le pause obbligatorie fra uno e l’altro salgono dagli attuali 10 giorni per un contratto di meno di 6 mesi a 20 giorni e a 30 per uno di durata superiore. Il Parlamento ha reso più soft quanto previsto dal governo. APPRENDISTI. Arrivano norme più stringenti, anche se il Senato ha allentato un po’ i vincoli previsti dal ministro Fornero. Sarà infatti sempre possibile assumere un nuovo apprendista, ma i contratti in media dovranno durare almeno 6 mesi e cambia il rapporto con le maestranze qualificate.
CO.CO.PRO, DA SALARIO BASE A UNA TANTUM. Definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dei co.co.co dovrà poi fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro. Si rafforza l’attuale una tantum per i parasubordinati. Ad esempio, chi ha lavorato 6 mesi potrà avere oltre 6mila euro.
P.IVA, STANARE LE FALSE. La durata di collaborazione non deve superare otto mesi (6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell’80% di quello di dipendenti e co.co.co (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione ”fissa” in azienda: non si può avere una scrivania insomma ma il telefono sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro sono considerate vere.
ASPI. La nuova assicurazione sociale per l’impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti. La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennità. L’aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un’impresa. Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all’indennità che percepisce perde il sussidio.
JOB ON CALL, BASTA UN SMS. Per attivare il lavoro a chiamata basta un sms alla Direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato avviso l’azienda rischia da 400 a 2400 euro di multa. Il job on call sarà libero per under 25 e over 55. – EQUITA’ GENERE – Norme di contrasto alle dimissioni in bianco e il rafforzamento fino a tre anni di età del bambino del regime di convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri (al momento è un anno). Viene introdotto il congedo di paternità obbligatorio ma solo per un giorno e due facoltativi, che però si sottraggono ai 20 settimane di congedo della mamma (se lei è d’accordo).
VOUCHER ASILI. Il buono baby-sitter per agevolare le lavoratrici nei primi mesi di nascita del figlio potrà essere utilizzato anche per pagare asili-nido pubblici o privati. – IMMIGRATI. Sale da si mesi ad un anno la validità del permesso di soggiorno per il lavoratore extracomunitario che beneficia di interventi di ammortizzazione. BONUS PRODUTTIVITA’. Confermati con un emendamento del governo gli sgravi contributivi introdotti in via sperimentale per il triennio 2008-2010. – VOLI E AFFITTI. Riformare costa. Vengono ridotte le deduzioni sulle auto aziendali e quelle sulla tassa al servizio sanitario nazionale, che si applica sulle assicurazioni Rc auto. Tagliato dal 15 al 5% lo sconto forfait previsto per chi dichiara con l’Irpef i redditi derivanti da affitto (non tocca chi applica la cedolare). Aumentata di due euro la tassa di imbarco aereo.
La Ue promuove. L’approvazione della riforma del lavoro in Italia ”e’ un grande passo avanti”. Lo ha dichiarato il presidente della Commissione europea, Jose’ Manuel Barroso, affermando di ”non vedere l’ora di congratularmi personalmente con il primo ministro Monti” domani al vertice europeo. Il voto di oggi, ha aggiunto Barroso, ”manda un forte segnale sulla determinazione in corso in Italia per risolvere i seri problemi strutturali che hanno per lungo tempo impedito al paese di sviluppare tutto il suo potenziale”. La riforma del lavoro ” è un passo chiave per sostenere l’occupazione e creare opportunità di lavoro per i giovani”: così il commissario Ue al lavoro, Laszlo Andor promuove la riforma.
Il giorno del voto è stato segnato dalla polemica innescata da un’intervista di Elsa Fornero al Wall Street Journal. “Il posto di lavoro non è un diritto”, ha detto il ministro in un passaggio che a molti è sembrato in contraddizione con la Costituzione. Poi, la precisazione. “Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione”, fanno sapere dal ministero, precisando che il ministro Fornero ha fatto riferimento “alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”.