TORINO – Aumentare il costo del contratto a tempo determinato rispetto a quello indeterminato anche del 15%: è così che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, vuole provare ad incentivare le assunzioni non a scadenza. Ma l’altro versante della medaglia è che si rischi solo ed esclusivamente di disincentivare anche quelle a tempo.
Poletti ha illustrato il proprio progetto in un’intervista a Paolo Griseri de Repubblica.
“Oggi un contratto a tempo determinato costa l’1,4 per cento in più di uno a tempo indeterminato. Diciamolo: è troppo poco. Una differenza che non incide sulla scelta di un’azienda. Ma se un contratto a tempo determinato costasse il 10 o il 15 per cento in più di uno a tempo indeterminato, ecco che le cose potrebbero cambiare. Se io azienda, dopo alcuni periodi di assunzione a tempo determinato, mi trovo bene con un ragazzo, posso pensare che mi convenga assumerlo a tempo indeterminato perché così risparmio”.
Il ministro risponde alle critiche mossegli dal leader della Fiom, Maurizio Landini, sulle nuove norme sui contratti a termine contenute nel Jobs Act, che prevedono fino a 36 mesi di rinnovi di contratti a tempo senza causale. Poletti non ci sta:
“Il provvedimento sui contratti a termine è uno dei pilastri della mia proposta e che non è modificabile nelle sue linee essenziali. Se io posso assumere un ragazzo per sei mesi e poi devo decidere se assumerlo definitivamente o no, finisce come capita oggi: che dopo 6 mesi le imprese ne assumono un altro. Così nei 36 mesi ci sono sei precari senza contratti duraturi. Se io concedo la possibilità di proroga, magari alla fine dei 36 mesi può diventare conveniente assumere un ragazzo che è sempre stato in azienda”.
Il ministro non ha intenzione di abolire nemmeno i contratti di collaborazione:
“Non si tratta tanto di abolire forme contrattuali ma di rendere più convenienti per le imprese le une al posto della altre”.
Per il futuro Poletti immagina
“un sistema in cui si va verso un lavoro stabile perché le imprese lo trovano conveniente. Tranne casi patologici in cui viene messa in discussione la legalità, non mi piace vivere in un Paese in cui tutti i giorni c’è un giudice che decide se un lavoratore ha diritto di stare in fabbrica o no. Ci deve essere una convenienza reciproca e noi dobbiamo creare le condizioni perché ci sia una libera scelta delle imprese verso il lavoro stabile e non precario”.
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