Prima la sparata e poi la retromarcia sugli eserciti regionali: la Lega fa i conti con immigrati e giustizia

Umberto Bossi (foto Lapresse)

ROMA – Prima la sparata, poi la retromarcia: sugli eserciti regionali la Laga ci ripensa e prova a ragionare. Era tutto pronto ma alla fine i fazzoletti verdi hanno detto che la proposta non era stata capita bene da tutti.

Come scrive Marco Cremonesi sul Corriere della Sera la mina degli immigrati va disinnescata, a tutti i costi, pena un tracollo di credibilità a cui persino il più fideistico dei partiti non è preparato.

Ecco perché venerdì scorso Umberto Bossi in persona ha chiamato il presidente del consiglio Silvio Berlusconi per dirgli che «I pattugliamenti nel Mediterraneo devono iniziare. Subito. Di barconi non ne devono più arrivare» . Perché per gli uomini del Carroccio il sentimento è pressoché questo: «noi possiamo far fronte a tutto, persino gestire quel arrivati, e tu sai che per la Lega non è semplice. Ma se il rubinetto non si chiude, qui salta tutto» .

Dove per «tutto» non si intende solo il piano di gestione dell’emergenza immigrati. E così, ieri mattina a Lampedusa il premier ha annunciato che due navi intercetteranno i barconi di profughi, aggiungendo che la trattativa con Tunisi riguarda la possibilità che le navi militari italiane possano addirittura intervenire direttamente, invece che limitarsi a segnalare i barconi ai tunisini. E addirittura, la frase di Silvio Berlusconi sulla necessità di un ruolo dell’Europa «non tanto per i 25mila migranti che abbiamo accolto, ma per quelli che arriveranno» , secondo parecchi leghisti echeggia quasi parola per parola le considerazioni fatte in questi giorni da Umberto Bossi. Di certo, Roberto Maroni ha sollevato con decisione il tema di una Lega che parli con una voce sola, fa notare Cremonesi.

Il problema è quello di mettere d’accordo le due anime della Lega: quella di partito, la più dura e pura e quella di governo, quella che deve fare i conti con la mediazione. Maroni sembrava molto irritato e aveva addirittura minacciato dimissioni visto che nelle periferie padane qualcuno remava contro.

In questo clima già teso si aggiunge il problema prescrizione breve che crea qualche fastidio alla base del partito: «Ma su quello c’è poco da fare, rappresenta uno degli asset della coalizione», dicono voci di corridoio riportate dal Corriere della Sera . Certo, nessun leghista vuole sentir parlare di complotti, di intese con l’ala del Pdl che fa capo a Claudio Scajola, di colpi bassi durante la votazione sul processo breve. E tantomeno di governi tecnici.

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