“No alla legge bavaglio”. Tutti i direttori di giornali uniti contro la legge sulle intercettazioni

Pubblicato il 24 Maggio 2010 - 16:47 OLTRE 6 MESI FA

intercettazioniIl disegno di legge sulle intercettazioni ha creato un “collante” trasversale tra i giornali, a prescindere dalla loro “collocazione” politica o editoriale. I direttori delle principali testate italiane si sono infatti riuniti in conferenza per dire “no” a una legge che considerano un “bavaglio” nei  confronti della stampa.

Il direttore di Sky Tg 24, Emilio Carelli (ex volto del Tg5) ha chiesto di poter svolgere il proprio lavoro “con obiettività  e chiarezza”. Ha poi spiegato che Rupert Murdoch, editore di Sky, è pronto a fare “tutti i ricorsi possibili”. Per questo Carelli auspica che “si crei un fronte comune di tutti i principali quotidiani”.

Gli ha fatto eco il direttore di Repubblica Ezio Mauro, per il quale “è in gioco la libertà di stampa”, che rischia di essere minata dalle restrizioni contenute nel disegno di legge. Sulla stessa lunghezza d’onda Ferruccio De Bortoli: il direttore del Corriere della Sera ha evidenziato come il ddl sia “pericoloso per la democrazia e non solo per la nostra categoria”.

Anche Vittorio Feltri, che nei giorni scorsi sul Giornale aveva preso una netta posizione contro la legge, ha detto che verrebbe leso “il diritto dei cittadini di essere informati”. E se il governo ha motivato la “stretta” sulle notizie pubblicabili invocando la difesa della privacy, Feltri ha spiegato che “la legge per tutelare il diritto alla privacy viola il diritto di informare”. Infine ha spiegato quello che potrebbe essere uno dei paradossi ai quali si andrebbe incontro: “Tutto quello che noi giornalisti non potremo pubblicare, lo troveremo su un sito Internet con sede, che so, a Lugano ed è paradossale”.

E se a “destra” Feltri la pensa così, a “sinistra” Concita De Gregorio (l’Unità) ha messo in rilievo che questa legge non risolverebbe i problemi dell’Italia, ma priverebbe i cittadini degli strumenti per conoscerli: “L’Italia sta diventando il Paese più corrotto d’Europa. Se noi smetteremo per legge di informare ed essere informati sulle inchieste sulla corruzione e su tanti altri eventi di pubblico interesse, non si risolverà la corruzione o gli altri problemi che le inchieste fanno emergere. Sparirà solo il diritto di raccontarli”.

Anche Mario Calabresi (La Stampa) ha puntao il dito sul concetto di privacy: “Non si capisce come e perchè la volontà di preservare la privacy c’entri con questa legge e la possibilità di pubblicare le intercettazioni. Non si può pensare che questa sia una tutela quando si dice che saremo costretti a dire che una persona è stata arrestata senza spiegare perchè”. Calabresi aggiunge poi un esempio: “Se penso alla vicenda dei ‘furbetti del quartierino’, per 4 anni noi giornalisti non avremme potuto raccontare nulla di quello che era accaduto”.

Mario Sechi del Tempo, nel ribadire il suo “chiarissimo no” nei confronti della legge, ha spiegato che il testo è stato pensato con “imperizia, ignoranza e anche malignità”.

Peter Gomez, che ha parlato in rappresentanza del Fatto Quotidiano (il cui direttore è Antonio Padellaro), ha sottolineato come la sua testata ricorrerà ad una forma di “disobbedienza civile”: il suo giornale attuerà una sistematica violazione delle nuove norme, “in modo da poter ricorrere a tutti i livelli, in Italia e in Europa”.