Legge elettorale, Prodi scuote il Pd: "Firmo per il referendum"

ROMA, 28 AGO – Non bastasse la questione morale legata al caso-Penati, ad agitare le varie anime del Pd ci si mette anche – e di nuovo – la riforma della legge elettorale.

In barba al 'richiamo all'ordine' lanciato da Bersani in prima persona (''le leggi elettorali si fanno in Parlamento e il gruppo dirigente deve rispettare la posizione'' della segreteria), la spinta referendaria interna al Pd torna – a ridosso della ripresa dei lavori parlamentari – ad alzare la voce.

A dare 'linfa' ai promotori del referendum ci pensa Romano Prodi che con un intervento sul web promette: ''appena torno a Bologna vado a firmare''.

Un annuncio che scuote il Partito Democratico e che fa ripartire il dibattito (e le polemiche) interne. Se il Professore, infatti, dice che ''e' tempo di restituire ai cittadini italiani il diritto di scegliere i propri rappresentanti'' e che ''bisogna farlo prima che sia troppo tardi'', cioè prima delle nuove elezioni, c'è anche chi (come Giorgio Merlo) legge negli atteggiamenti di chi ''si fa paladino e fautore della proposta referendaria'' una volontà ''di indebolire, se non ridicolizzare, il Pd''.

''Non credo che nessuno possa considerare una notizia la scelta oggi dichiarata da Romano Prodi a favore del Referendum abrogativo di quell'infame Porcellum'', esulta invece Arturo Parisi. ''La notizia – sottolinea il coordinatore del comitato pro-referendum – e' l'invito rivolto ai cittadini perche' ognuno come lui vada a firmare non appena possibile nel proprio comune o presso i banchetti di raccolta''. Augurandosi un 'effetto contagio', Parisi si rivolge anche a chi – all'interno del partito – ''pur condividendo gli stessi obiettivi, esita ancora nel trarne le doverose conseguenze''.

Per la dirigenza Pd, a parlare, arriva Enrico Letta, che pur non volendo polemizzare (ci penseranno altri al suo posto) concede solo un avallo di massima a tutto ciò che ''possa abbattere la legge porcata''. Ai microfoni del Tg3, però, il vicesegretario Democrat non aggiunge altro salvo parlare di ''non incompatibilità'' tra lo strumento referendario e la proposta ''del Pd'' che e', ricorda, in Parlamento. Insomma, va bene tutto, ma il partito – ufficialmente – prosegue per la propria strada.

''Noi vediamo tra gli elettori democratici un moltiplicarsi di posizioni tanto che quella ufficiale del partito non e' piu' sufficiente'', controbattono i referendari che polemizzano anche per la 'guerra di resistenza' con cui i vertici del Pd hanno accolto – e molto più spesso respinto – la richiesta di ospitalità dei gazebo referendari alle feste dell'Unità.

Con i tempi che si restringono (le 500.000 firme vanno raccolte entro il 25 settembre) e la consapevolezza che si tratti di ''un'impresa disperata'', i referendari pero' non mollano e insistono. Grazie, soprattutto, alle nuove adesioni che stanno raccogliendo (oggi Prodi, ieri Fassino).

''E' curioso – insiste però Merlo – che sulla legge elettorale autorevoli esponenti del Pd abbiano iniziato una fronda all'interno del partito indebolendo, di conseguenza, la proposta di riforma del porcellum presentata da Bersani e avallata dalla stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari. Sarebbe questo – chiede e chiude polemicamente – l'attaccamento al partito e il modo per renderlo più forte e unito agli occhi della pubblica opinione e degli altri partiti?".

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