ROMA – Arriva a Montecitorio la manovra taglia-tasse e per la crescita targata Renzi-Padoan, che punta, attraverso lo sconto sui contributi, a 1 milione di nuove assunzioni.
Dopo più di una settimana dal varo da parte del governo, e nel giorno in cui sono stati resi pubblici i rilievi della Ue all’Italia, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha messo la sua firma sul ddl che riorganizza il bilancio dello Stato per il prossimo triennio e che contiene, dettagliato, anche l’asso nella manica messo sul tavolo dal premier domenica in diretta Tv, il bonus bebè per i primi tre anni che dovrà però essere richiesto, a differenza del suo predecessore berlusconiano.
Alla Camera è già tutto pronto per avviare l’iter della sessione di bilancio: il calendario di massima prevede l’approdo in Aula, e il primo via libera, entro la terza settimana di novembre, e già la prossima settimana (probabilmente da giovedì) si partirà con le audizioni. Lunedì poi previsto il nuovo round con i sindacati. Ma la strada per il futuro è tutt’altro che agevole e il governo lo sa.
La manovra contiene 12,6 miliardi di rincari Iva dal 2016: è una clausola di salvaguardia che l’esecutivo non vuole assolutamente utilizzare, ma dovrà per questo trovare le risorse necessarie per ‘sminare’ questo pericolo. Se la manovra prende la sua forma definitiva, nel mix di interventi a favore di famiglie e imprese, resta ancora aperto il nodo della spending review a carico delle Regioni.
Di buon mattino il presidente del Consiglio ha incontrato i governatori a Palazzo Chigi, aprendo alla richiesta di lavorare sui costi standard, così come chiesto dalle Regioni, ma chiarendo che il saldo non si tocca: “Non c’è spazio per una mediazione – ha detto infatti Renzi alla delegazione guidata da Sergio Chiamparino – i miliardi sono quattro. Da qui due strade: o lo scontro o ci sono proposte alternative su cui si lavora in queste ore”.
La proposta alternativa, il ‘Lodo Chiamparino’ come è stato ribattezzato, sarà affinata a stretto giro, entro una settimana, dieci giorni al massimo, in modo da essere pronti a presentare le modifiche quando il Parlamento comincerà a vagliare gli emendamenti al testo, se si troverà l’accordo. L’obiettivo è quello di rendere sostenibile l’impatto della manovra per gli enti locali, senza intaccare i servizi (sanità in testa) e senza arrivare a dover imporre nuove tasse locali ai cittadini. I governatori insistono sulla necessità che la razionalizzazione delle spese riguardi tutti i livelli dell’amministrazione, ministeri compresi (anche se la stretta a carico dei dicasteri nella legge di Stabilità c’è e supera i 6 miliardi, lo stesso importo chiesto complessivamente agli enti locali, Comuni e Province compresi).
In ogni caso nel testo finale della legge di Stabilità, se non si dovessero raggiungere gli obiettivi di risparmio, sono previste clausole di salvaguardia dal 2016, cioè l’aumento di due punti dell’Iva, per le aliquote ora al 10 e al 22% che vale 12,8 miliardi il primo anno e 19,2 miliardi nel 2017 per arrivare a 21,2 miliardi nel 2018. Confermati nel testo trasmesso al Parlamento i principali interventi, dal Tfr in busta paga al taglio del costo del lavoro dall’Irap (che assorbe però il taglio del 10% introdotto quest’anno con dl Irpef). Sale, invece, la soglia per l’azzeramento triennale dei contributi sui neo-assunti, che passa dai 6.200 euro ipotizzati inizialmente a 8.060 ora previsti.
E mentre gli 80 euro per i redditi bassi diventano strutturali (ma rivolti sempre alla stessa platea) arriva per i genitori che guadagnano fino a 90mila euro complessivi un nuovo bonus bebè: 80 euro ogni mese (960 in totale) erogati ai nuovi nati (o adottati) tra il 1 gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, fino al terzo anno (di vita, o dall’ingresso nella famiglia adottiva).
Il tetto del reddito non vale dal quinto figlio in poi. Il ‘bonus mamme’ non concorrerà alla formazione del reddito, quindi si potrà sommare agli 80 euro.
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