Lettera di Natale a Bersani e Vendola: Cara Sinistra-Befana portaci…

Pier Luigi Bersani

Lettera di Natale a Bersani: cara Sinistra-Befana portaci…una scuola ricca e severa, tasse non sul reddito e sul patrimonio ma sui consumi, un contratto di lavoro piccolo di garanzie ma obbligatorio per tutti, precari compresi. Sabato 20 novembre, un appuntamento politico targato Pd. Giovani volenterosi, molta cultura militante e appassionata, gente per bene e ben pensante, vaga atmosfera di tranquilla disperazione e corrette speranze, insomma versione soft dell’ottimismo della volontà e versione negata del pessimismo della ragione. Tema del confronto: “Idee per vincere”.

Vincere, perdere…Si può tentare di vincere in un Paese che si perde. Più o meno con alterne fortune è quello in cui sono impegnati tutti da una trentina di anni a questa parte. Vince l’uno, sempre più spesso lo stesso, e il paese si perde. Vince l’altro e il Paese si perde lo stesso, magari in altro modo, ma si perde lo stesso. Sono trent’anni che l’Italia accumula debito, rallenta nella produzione di ricchezza, accentua le diseguaglianze sociali e di reddito, incattivisce nei costumi, preserva corporazioni, mutila la generazione che nasce di sapere, competenza e futuro. Oppure si può perdere in un Paese che si perde, esperienza non ignota al Pd e prima ai Ds e prima al Pds e insomma alla sinistra tutta. Oppure ancora si può perdere in un Paese che si salva, esperienza negata alla sinistra dai governi Berlusconi. Oppure infine si può tentare di vincere in un Paese che si salva. Ma per salvarlo bisogna prima conoscerlo questo paese, sapere cosa è davvero e cosa davvero lo minaccia, esperienza che spesso in ottima buona fede il Pd e la sua gente si negano da soli.

Se lo negano con la “narrazione”, parola e concetto cari a Vendola. La “narrazione” è quella di un paese che affoga in una indigenza diffusa e montante. La narrazione è quella di un paese con l’acqua alla gola pronto ad afferrare la mano di chi lo tira via dall’acqua. E’ la narrazione anche del Pd e della sua gente ma non è la verità. L’Italia è invece un paese che galleggia su enorme zatterone di ricchezza accumulata e che non aspetta un bagnino che lo tragga in salvo quanto al contrario qualcuno che metta una vela alla zattera. Paese ricco: la ricchezza media pro capite è di 183.402 euro, la seconda al mondo dopo quella dell’Australia. Tanto per avere un termine di paragone quella tedesca è di 133.207 euro e quella americana di 171.783. Non solo la “ricchezza mediana per adulto”, cioè la ricchezza patrimoniale dell’adulto medio nella scala delle classi demografiche è di 115.182 euro, ancora una volta la seconda al mondo nonostante la generazione intorno ai trenta anni in Italia fatichi a produrre reddito come forse nessun’altra al mondo. La ricchezza accumulata dalle famiglie italiane è pari a 4,3 volte il debito pubblico italiano. Su questa ricchezza “siede” il sistema sociale e questo è il perimetro reale in cui può muoversi la politica.

Paese ricco, come documentano i dati del Fmi e del Credit Suisse Research Institute. Ma percorso e scosso da ansia e angoscia. Ansia di perderla quella ricchezza e angoscia di non riuscire a produrne di nuova. L’ansia di perderla genera movimenti politici e di opinione tecnicamente “reazionari”, cioè voglia matta di tornare ad ogni costo a “prima”. L’angoscia di non produrne di nuova di ricchezza cosa genera invece? Nulla, se non un “resistere”. Nulla perché non viene “narrata”. La sinistra narra, l’esempio è minimo ma calzante, che sul Grande raccordo Anulare intorno Roma si paga pedaggio. Lo narra prima che avvenga. Così non mobilita davvero, si espone alla smentita dell’esperienza quotidiana. E, quando pedaggio verrà davvero, si sarà già sfiancata e qualificata al massimo come profeta impotente di guai. Al contrario la sinistra dovrebbe “narrare” come si crea nuova ricchezza, costruire così mobilitazione, identità, speranza, azione.

E come si crea nuova ricchezza? In un paese occidentale solo producendo sapere e competenza. Quindi investendo soldi nella scuola, nella università e nella ricerca. Ma soldi e tanti per la competenza e per il sapere, non per la “scuola” come termine e luogo indifferenziato. Soldi e severità negli studi potrebbe, dovrebbe essere una coppia di concetti e obiettivi per vincere in un paese che si salva. Si salva anche estirpando la suicida pedagogia che vuole la scuola come luogo di “socializzazione delle esperienze” e non di apprendimento, trasmissione e fatica del sapere. Soldi e severità per competenza e nuova ricchezza prodotta: questa potrebbe, dovrebbe essere la “faccia” della sinistra, una sua “idea per vincere”.

Paese ricco che si mangia e consuma la sua ricchezza e non ne produce più. E paese irredimibile dal punto di vista fiscale. L’Irpef media pagata in Italia, pagata, non denunciata, è di 18.500 euro circa. Non c’è nulla da fare: per via di aliquote non si raddrizza l’albero storto del fisco italiano. Non servono e non funzionano né aliquote più alte né sgravi su quelle più basse. Con le prime si colpisce il ceto medio che paga, con le seconde si favorisce l’immensa mole dell’evasione. Idea per vincere è quella di spostare il peso fiscale sui consumi. Non sul reddito dichiarato che è sempre falso, non su lavoro o azienda che è già troppo. E neanche sul patrimonio che è la zattera su cui stanno più o meno tutti, gente di sinistra compresa. Tasse sui consumi, a liberar reddito e a fare riequilibrio sociale.

Nichi Vendola

Paese i cui giovani non lavorano, se non praticamente gratis e senza vero contratto. Paese di precari, precari praticamente a vita. E allora “idea per vincere” quella che chiunque lavori, comunque lavori, dovunque lavori possa lavorare solo con un contratto. Contratto obbligatorio per tutti, sempre. Contratto modulare: per un anno con garanzie minime e certe. Poi al secondo e al terzo anno garanzie crescenti ma ancora non assolute e via crescendo. Garanzie per tutti anche se meno garanzie, parafrasando il “pagare tutti, pagare meno” slogan antico contro l’evasione fiscale. Andare a chiedere a un precario se vuole questo tipo di contratto, andare e accorgersi che una sinistra così avrebbe obiettivo, identità e consenso.

Per cui cara vecchia Sinistra-Befana portaci soldi e severità per il sapere e la competenza, tasse sui consumi e non sul lavoro e sul patrimonio, contratti di lavoro per tutti con poche ma certe garanzie. Ma la “narrazione” che la sinistra fa a se stessa lo impedisce e lo nega. Narra di un pauperismo diffuso che non c’è, ignora l’angoscia di non creare ricchezza futura, inutilmente contrasta l’ansia di perdere ricchezza, favoleggia di una rotta fiscale basata sulla falsa mappa dei redditi dichiarati, amoreggia con il miraggio del vecchio contratto a garanzie piene e a tempo indeterminato per tutti. E, quando questa narrazione di marca Pd scivola sulla realtà, slitta sull’altra narrazione, quella di Vendola, quella chiamata “un altro mondo è possibile” mentre invece narra: “Il mondo di prima è possibile”. Sono le narrazioni che la sinistra ha dentro di sé, e sono le narrazioni sbagliate.

Gestione cookie