Libia, Frattini: “Sui profughi giuste le cifre di Maroni: dobbiamo essere pronti al piano B”

Pubblicato il 4 Marzo 2011 - 09:04 OLTRE 6 MESI FA

Franco Frattini

ROMA – Il primo team di esperti della Farnesina e della Protezione Civile che deve preparare la fase operativa della missione umanitaria italiana a Tunisi è già operativo sul campo e sta verificando il luogo fisico dove montare le tende per assistere i migliaia di profughi scappati dalla Libia. Lo ha riferito il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ai microfoni di Radio24 sottolineando che ”le condizioni di queste decine di migliaia di persone sono inumane” e pertanto ”bisogna intervenire con grande rapidità”.

Il titolare della Farnesina ha espresso l’auspicio che ”già stasera” possa partire da Catania la nave che da ieri sta caricando derrate alimentari ed impianti di elettrificazione e potabilizzazione con l’obiettivo di raggiungere il porto libico di Bengasi. Una traversata, ha spiegato il ministro, per la quale ci vorranno una trentina di ore di navigazione.

Il ministro degli Esteri si è detto convinto che ”bisogna essere assolutamente pronti” a quello che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha definito il ‘Piano b’, ossia la possibilità che a breve 50mila migranti in fuga dal Nord Africa si riversino sulle nostre coste.

A Radio24 il titolare della Farnesina ha definito ”assolutamente equilibrata” la previsione di Maroni. Se nell’area al confine tra Tunisia e Libia, in territorio tunisino, si possono contare già 90mila profughi e, al contempo, si sa che in tutta la Libia ci sono almeno un milione e mezzo di cittadini non libici che hanno perso il lavoro, ”non si può immaginare – ha sottolineato Frattini – da dove possano arrivare altri flussi”.

L’opzione militare in Libia non va ”considerata con leggerezza”. ”Solo chi non conosce per niente il mondo arabo – è l’opinione del ministro Frattini – può parlare con leggerezza di un‘azione nel cuore del mondo arabo da parte di militari occidentali”.

Intervistato da Radio24, Frattini ha ricordato che l’ipotesi di un’opzione militare in Libia necessita di ”mandati precisi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e della Nato” ma, soprattutto, ha puntualizzato il ministro, vanno tenute nella debita considerazione le ”parole molto chiare della Lega Araba” che ha detto: ”Gli occidentali non entrino con militari, eserciti o forze armate”.

Il ministro degli Esteri ha invitato ” a farla finita” con la storia del baciamano del premier Silvio Berlusconi al colonnello Muammar Gheddafi bollandola come ”una piccola cosa di politica interna”. Al giornalista che gli chiedeva se al governo creasse imbarazzo l’episodio del baciamano del premier Berlusconi a Gheddafi, Frattini ha esortato ad archiviare questa storia definendola ”una piccola cosa di politica interna” e ha ricordato che anche altri paesi come la Francia avevano riservato al colonnello ”tutti gli onori” durante la sua visita a Parigi.

Con la rivolta in Libia, le cose sono però cambiate: ”Abbiamo preso atto – ha rilevato Frattini – di una situazione che è profondamente diversa e abbiamo visto il capo di un paese che ha sparato sul suo popolo. Da quel momento la comunità internazionale ha detto basta”.

”Il trattato di amicizia tra Italia e Libia deve considerarsi sospeso, non annullato”, perché da parte italiana si spera nella nascita di ”una nuova Libia” con la quale quell’accordo ”dovrà riprendere vigore”. Rispetto al trattato di amicizia firmato da Roma e Tripoli nel 2008 Frattini ha ribadito che ”è giuridicamente sospeso, perché semplicemente è venuto meno l’interlocutore”. ”Un trattato – ha spiegato – si firma tra due governi ma resta in vigore tra due Stati”.

Parlando all’Assemblea plenaria dell’Apem (Assemblea parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo), in aula alla Camera dei deputati, il ministro ha poi aggiunto: “Nei processi di transizione in corso in Nord Africa non dobbiamo dettare noi l’agenda, ma aiutare generosamente e senza troppi formalismi” e ”sono convinto che l’Italia possa svolgere un ruolo decisivo in questo esercizio. In primo luogo perché l’Italia è un Paese di frontiera nel Mediterraneo, possiamo essere terreno culturale per sviluppare un dialogo costruttivo con i vicini, influenzandone i cambiamenti”, ha aggiunto il titolare della Farnesina.

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