Liste, il governo vara il decreto “interpretativo”

Pubblicato il 5 Marzo 2010 - 21:42| Aggiornato il 6 Marzo 2010 OLTRE 6 MESI FA

Il governo ha scelto la via del decreto legge per risolvere il pasticcio delle liste elettorali e riammettere così alla corsa per le elezioni regionali le liste del centrodestra nel Lazio e in Lombardia. Il decreto legge è stato approvato dal Consiglio dei ministri e firmato poco prima della mezzanotte dal presidente della Repubblica Napolitano.

Il provvedimento è meramente interpretativo, quindi non innovativo, della normativa vigente; è stato adottato d’urgenza, tenendo presente l’esigenza di una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale.

Il decreto prevede nell’articolo 1 che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità.

Nell’articolo 2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale. Una norma transitoria stabilirebbe che – solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si terranno in Lazio e Lombardia – lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto. Infine, nell’articolo 3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare di essere stati presenti nell’ufficio competente al momento della chiusura della presentazione delle liste.

L’ipotesi del decreto non piace affatto alle opposizioni. Pier Luigi Bersani considera «impensabile» uno slittamento del voto e invita governo e maggioranza ad aspettare la decisione degli organi competenti senza utilizzare «scorciatoie».

La giornata politica è iniziata con il deposito del ricorso ai Tar per la riammissione della lista del Pdl nel Lazio e per il listino di Formigoni in Lombardia. Il Tar lombardo deciderà domani, per quello laziale si dovrà aspettare lunedì. Ma anche dopo l’alt di ieri sera dal Quirinale, la maggioranza non ha comunque abbandonato per tutta la giornata l’idea di affidarsi ad un decreto legge per risolvere il caos liste. Un decreto, come ha detto La Russa, “interpretativo”. Fini ha espresso il bisogno di «candidature al di sopra di ogni sospetto», Berlusconi ha avuto per tutto il giorno incontri a palazzo Grazioli con vari esponenti del governo.

E già dalle prime ore della mattina si è iniziato a parlare di un possibile Consiglio dei ministri straordinario per la serata. La notizia viene poi confermata verso le cinque del pomeriggio da Ignazio La Russa e il Cdm viene convocato per le 19.30.

Per tutto il giorno si avvicendano dichiarazioni e schermaglie tra maggioranza e opposizione e rimbalzano tra agenzie e tv notizie e soffiate sulla decisione del governo. Il tormentone è uno solo. Decreto sì o decreto no? Uscendo da palazzo Grazioli in serata per recarsi al Cdm Silvio Berlusconi si dice possibilista e lascia spazio a ulteriori dubbi, poi a pochi minuti dall’inizio della riunione a palazzo Chigi si diffonde la notizia che l’Esecutivo sia convinto di varare un decreto.

E l’Ansa dirama un dispaccio: «al Quirinale si prenderebbe atto che il governo si è orientato verso l’ipotesi di un decreto legge meramente interpretativo, e quindi non innovativo, della normativa vigente, accantonando la soluzione prospettata ieri sera al capo dello Stato. Il Colle, inoltre, prenderebbe atto che questo diverso provvedimento sarebbe adottato d’urgenza, tenendo presente l’esigenza di una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale. A quel punto, stando agli stessi ambienti del Quirinale, i contenuti del provvedimento del governo sarebbero attentamente valutati appena sottoposti alla firma del presidente della Repubblica».

Opposizione. Per tutto il giorno c’è stata altissima tensione tra opposizione e maggioranza. Pd e Idv sono scesi sul piede di guerra sin da quando sono trapelate le prime indiscrezioni su un possibile decreto “interpretativo”. Di Pietro è tornato a denunciare il clima da “golpe” e ha chiamato l’opposizione «alle armi democratiche. Bersani è stato irremovibile: «No al rinvio e no alle scorciatoie». Ma soprattutto: «nessuna possibilità di accordi con la maggioranza, lo dirò anche in cinese».

Bersani. Posizione ribadita dal leader del Pd anche in serata, a Cdm appena iniziato. «E’ evidente che si vuole ovviare con questo decreto formalmente a obiezioni di tipo costituzionale come sarebbe stato per un decreto innovativo – ha detto Bersani – Usano il dl interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio, ma il trucco c’è e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo. Se decidono così potranno aspettarsi solo una nostra ferma opposizione».

Pierluigi Bersani ha preannunciato dunque «una ferma opposizione» del Pd di fronte al decreto interpretativo che il governo si accinge a varare. «E’ evidente – ha detto il leader del Pd – che il governo vuole ovviare con il decreto ad obiezioni di tipo costituzionale, come sarebbe stato con un decreto cosiddetto innovativo. Usano il decreto interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio; ma il trucco – ha sottolineato Bersani – c’é e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo”. “Se decidono così – conclude – potranno aspettarsi solo una ferma opposizione».

D’Alema ha chiesto cautela al governo. «Vedremo di che si tratta, perché questa è una materia molto delicata. ‘Intervenire in questa materia è qualcosa che deve essere fatto con estrema cautela. Da quello che si capisce il governo ha rinunciato a cambiare la normativa – ha affermato – Se lo avesse fatto in corso d’opera sarebbe stata una cosa gravissima. Naturalmente bisogna vedere che cosa si intende per decreto interpretativo. Io credo che il governo sia ben consapevole che cambiare le regole del gioco durante lo svolgimento della competizione è una cosa totalmente estranea alla civiltà democratica».

Di Pietro ha affermato: «Questo è un vero e proprio golpe contro il quale occorre opporsi con una chiamata alle armi democratiche. Infatti, scenderemo in piazza con una grande mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche. E’ l’ennesimo provvedimento ad hoc, fatto ad uso e consumo dei soliti noti, che calpesta regole, diritti e Costituzione. Truccano le carte mentre si è in corsa con un decreto che definiscono impropriamente interpretativo, al solo scopo di ingannare gli italiani, ma in realtà una vera e propria truffa. Fanno una legge per rendere lecito tutto ciò che fino ad ora era illecito. Operazione degna dei peggiori regimi: non c’é più il senso del limite e del diritto».

Giuseppe Fioroni, presidente del forum Welfare del Partito Democratico, ha chiuso a qualsiasi ipotesi di decreto sulle regionali. «E’ grave che la maggioranza e il governo non comprendano la situazione in cui si stanno cacciando. Pongo a Berlusconi una domanda semplicissima: se la lista esclusa per irregolarità fosse del Pd il governo avrebbe fatto ugualmente il decreto?».

Netta anche la posizione di Casini che si è affidato a una battuta: «Penso che il Consiglio dei ministri straordinario si convochi per esaminare i dati sulla disoccupazione di oggi, la cassa integrazione che aumenta in modo vertiginoso. Questi sono i problemi di cui si deve occupare il Consiglio dei ministri, non della presentazione delle liste di cui si occupano i partiti».

C’è chi, inoltre, come Oliviero Diliberto dei Comunisti italiani ha proposto a tutta la sinistra di scendere in piazza a manifestare: «E’ il momento delle responsabilità. Non c’e’ tempo da perdere: tutta l’opposizione unita si mobiliti per una grande manifestazione a difesa della democrazia. L’atto illegale che il governo si appresta a fare va rispedito al mittente e contrastato in ogni modo».

Maggioranza. Il Pdl, invece, per tutta la giornata ha tentato di far passare essenzialmente un messaggio: aspettare la decisione del Tar non è il caso, perché «Aspetta e spera che poi s’avvera…», come ha detto La Russa, quindi si deve porre un rimedio perché le elezioni non siano rese incostituzionali dalla mancanza di un partito di peso.

Roberto Calderoli ha puntato il dito sull’incostituzionalità della situazione se si andasse al voto senza le liste Pdl. «Si violerebbe il comma secondo dell’art. 48 della Costituzione – ha afferma il ministro della Semplificazione – che tutela tra l’altro la “segretezza del voto” e si aprirebbe la strada a un annullamento delle elezioni regionali».

Bondi intanto andava rassicurando: «Il governo sta cercando una soluzione che probabilmente verrà presa nel Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio tenendo conto dei rilievi del presidente della Repubblica, perché è evidente a tutti che se viene a mancare la competizione tra le maggiori forze politiche il risultato elettorale sarebbe falsato e noi diremmo le stesse cose se ad essere escluso fosse stato il Partito democratico».

Sul caos liste, infine, è intervenuto anche il presidente dell’Anm Luca Palamara: «Credo che il Parlamento debba assumersi le sue responsabilità: se prevede degli sbarramenti, delle garanzie per poter accedere a una competizione elettorale, non ci si può poi lamentare del ruolo, del controllo svolto dalla magistratura».