L’anno scorso la Padania lo definì addirittura un “imam” (che per i leghisti, si sa, è un insulto) per le sue aperture al mondo islamico. Oggi l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi torna a parlare proprio alla vigilia della chiusura del Ramadam per chiedere la costruzione di una Moschea a Milano e la garanzia di libertà di culto a tutte le religioni. Come prevede la nostra Costituzione. E c’è da credere che anche questa volta il governo, e in primis la Lega, non stiano zitti ad ascoltare. D’altronde è stato un ministro leghista, Roberto Calderoli, a decretare la fine delle grandi preghiere alla moschea di viale Jenner, dove si radunavano migliaia di persone ogni venerdì. E proprio grazie a quell’ordinanza ora i musulmani di Milano si ritrovano in “moschee di fortuna” non abbastanza grandi per radunarli tutti, come dovrebbe invece avvenire per la fine del Ramadam.
Ed è proprio questo che chiede Tettamanzi: il rispetto del culto, una tavola rotonda tra autorià per trovare una soluzione condivisa, la costruzione di una grande moschea a Milano e la fine del “razzismo”. “Le istituzioni civili milanesi devono garantire a tutti la libertà religiosa e il diritto di culto – dice l’arcivescovo di Milano a La Repubblica – I musulmani hanno diritto a praticare la loro fede nel rispetto della legalità. Spesso però la politica rischia di strumentalizzare il tema della moschea e finisce per rimandare la soluzione del problema, aumentando il livello di scontro, mentre potrebbe diventare uno stimolo per migliorare il livello della convivenza civile”.
Quello della mancanza di una moschea a Milano è per Tettamanzi “un problema grave, che bisogna risolvere urgentemente. La questione interroga la città nel suo complesso. Le autorità locali devono cercare di trovare una soluzione in tempi brevi: rimandare il momento in cui la questione sarà affrontata, può solo incancrenire la situazione e aumentare la tensione. È ora di mettersi attorno a un tavolo a ragionare concretamente senza paura del dibattito, senza temere le critiche. È mio forte desiderio che non si procrastini ancora l’attesa della comunità islamica, che chiede legittimamente di avere un luogo per pregare. Anche così la città potrà essere governata in nome della pace, della giustizia e dell’armonia fra le sue diverse componenti”.
“Mi appello alle istituzioni perché sappiano cogliere nella diversità delle fedi e delle presenze straniere l’elemento di ricchezza di Milano – prosegue – È urgente arrivare a una soluzione complessiva, che soddisfi tutte le esigenze, nel rispetto delle norme, e che metta fine alla diatriba che si trascina da anni. Le soluzioni parziali o provvisorie trovate fino ad oggi non fanno che riscaldare gli animi ed accrescere la tensione”.
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