Lunardi, Propaganda Fide e i “favori” al cardinale Sepe: le carte sull’ex ministro al vaglio della Camera

Pietro Lunardi e l'avvocato del premier, e deputato del Pdl, Niccolò Ghedini

Il tribunale dei ministri di Perugia ha consegnato alla Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati le carte dell’inchiesta sulla cricca dei “Grandi eventi” riguardanti Pietro Lunardi, oggi deputato del Pdl ed ex ministro delle Infrastrutture. I pm di Perugia indagano su Lunardi per la vicenda in cui è implicato anche l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe e che ruota intorno all’acquisto sottocosto da parte dell’ex ministro di un palazzo di “Propaganda Fide” in via dei Prefetti in cambio del finanziamento pubblico di 2 milioni e mezzo di euro per la ristrutturazione della sede della Congregazione in piazza di Spagna. In base a queste ipotesi i magistrati hanno indagato per tutta l’estate su Lunardi e Sepe, hanno chiesto il rinvio a giudizio per il deputato, passato le carte al tribunale dei ministri, che ora, con una “relazione motivata” nettissima passa la palla alla Camera.

Proprio in virtù del fatto che Lunardi è un deputato, ed è quindi coperto da ciò che resta dell’immunità parlamentare, la decisione se poterlo processare oppure no spetta alla Camera di appartenenza, in questo caso Montecitorio. La Giunta per le autorizzazioni, semplicemente, dovrà provare se nelle accuse a Lunardi c’è un “fumus persecutionis”, ovvero se si indaga su Lunardi solo per colpire politicamente lui e il suo partito, oppure se le indagini si basano su elementi fondati. Sulla base di ciò la Giunta poi metterà a votazione l’autorizzazione o meno a procedere nei confronti di Lunardi e cioè se dare via libera a un processo nei suoi confronti o meno. Certo un forte peso sulla decisione lo avrà la “relazione motivata” del tribunale dei ministri di Perugia che ha ritenuto di chiosare il lavoro istruttorio della Procura dicendo: “La prospettiva accusatoria appare corroborata”. Il che significa che non esistono elementi che autorizzino a ipotizzare né un fumus persecutionis oggi, né una archiviazione domani.

In condizioni “normali”, ovvero senza una relazione così netta, il Parlamento ha sempre tentato di proteggere i suoi componenti, negando l’autorizzazione. E’ stato così per Nicola Cosentino, ad esempio, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e “tutelato” dalla Camera contro la richiesta di arresto pervenuta da parte dei pm. Ma questa volta per Lunardi le cose potrebbe essere un po’ più difficili, proprio a causa della divisione nel Pdl che si è consumata tra la primavera e l’estate. Perché anche nella Giusta per le autorizzazioni, i voti di Pdl e Lega non bastano più per offrire uno “scudo” sicuro all’ex ministro. Dopo la costituzione del gruppo “Futuro e Libertà”, infatti, dei 21 componenti della Giunta, Lega e Pdl possono arrivare giusto a 9. Due del Carroccio e 7 degli azzurri. Per il resto sono cinque i voti del Pd (che ha la presidenza con Pierluigi Castagnetti), due dell’Udc, uno dell’Idv, uno dell’Api e uno del gruppo misto. E se tutti questi ultimi dovessero votare a favore dell’autorizzazione a procedere, per Lunardi sarebbe processo.

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