ROMA – Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo – anche se al suo interno non c’è totale concordia sulla scelta – ha presentato una richiesta di messa in stato d’accusa (“impeachment“) del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Cos’è che i grillini contestano a Napolitano? “Il reato di attentato alla Costituzione”. I capi d’accusa sono sei: Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento, Costituzione modificata in deroga all’articolo 138, mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale, seconda elezione del Presidente della Repubblica, improprio esercizio del potere di grazia, violazione dell’indipendenza della magistratura.
Questa la conclusione, pubblicata su Beppegrillo.it:
“Il capo dello Stato ha non solo abusato dei suoi poteri e violato i suoi doveri ma, nei fatti, ha radicalmente alterato il sistema costituzionale repubblicano. Pertanto, ai sensi della legge 5 giugno 1989, n. 219, è quanto mai opportuna la presente denuncia, volta alla messa in stato di accusa del presidente della Repubblica per il reato di attentato alla Costituzione“.
1: Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza
Secondo i 5 stelle la “prevaricazione governativa assoluta, caratterizzata da decretazione d’urgenza, fiducie parlamentari e maxiememendamenti configura […] un ordinamento altro e diverso che non conosce più il principio supremo della separazione dei poteri”. Napolitano sarebbe di fatto ‘complice’ di tale sistema, definito “direttoriale” o addirittura “presidenziale”, in cui, scrivono i 5 stelle, “il ruolo costituzionale del Parlamento è annientato in nome dell’attività normativa derivante dal combinato governo-presidenza della Repubblica”. Non solo: “È necessario rimarcare, parallelamente, una preoccupante espansione della portata” dei decreti legge, “insita nei contenuti normativi e, soprattutto, nella loro eterogeneità”.
2. Costituzione modificata in deroga all’articolo 138
Un’altra delle responsabilità di Napolitano sarebbe quella di aver “formalmente e informalmente incalzato e sollecitato il Parlamento all’approvazione di un disegno di legge costituzionale volto a configurare una procedura straordinaria e derogatoria del Testo fondamentale, sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello degli organi deputati a modificare la Costituzione repubblicana”. Il capo dello Stato ha, secondo i 5 stelle, “promosso l’approvazione di una legge costituzionale derogatoria, tra le altre, della norma di chiusura della Costituzione – ovvero l’articolo 138 – minando uno dei principi cardine del nostro ordinamento costituzionale: la sua rigidità. Egli ha tentato di trasformare la nostra Carta in una Costituzione di tipo flessibile”.
3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale
A giudizio dei 5 stelle, Napolitano non ha mai rinviato alle Camere progetti di legge “connessi a norme viziate da incostituzionalità manifesta”. E citano a tal proposito “Lodo Alfano” e “Legittimo impedimento”. NAPOLITANO-BIS Il testo costituzionale, si legge, “non contempla la possibilità dello svolgimento del doppio mandato da parte del capo dello Stato […] In definitiva, anche in occasione della sua rielezione, il presidente della Repubblica – accettando il nuovo e doppio incarico – ha violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali”.
4. Seconda elezione del Presidente della Repubblica
Ai sensi dell’articolo 85, primo comma, della Costituzione «Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni». É, dunque, evidente che il testo costituzionale non contempla la possibilità dello svolgimento del doppio mandato da parte del Capo dello Stato.
A tal riguardo, il Presidente Ciampi ebbe a dichiarare che: «Il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato».
In definitiva, anche in occasione della sua rielezione, il Presidente della Repubblica – accettando il nuovo e doppio incarico – ha violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali.
5: La “grazia” ad Alessandro Sallusti e al colonnello Joseph L. Romano: “Improprio esercizio del potere di grazia”
“L’articolo 87 della Costituzione – spiegano i parlamentari del Movimento – assegna al presidente della Repubblica la possibilità di concedere la grazia e di commutare le pene. La Corte costituzionale ha sancito, a tal riguardo, con sentenza n. 200 del 2006, che tale istituto trova supporto costituzionale esclusivamente al fine di ‘mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio per eccezionali ragioni umanitarie'”. E invece che ha fatto Napolitano, secondo i 5 stelle? “Ha firmato il decreto con cui è stata concessa al direttore del quotidiano ‘Il Giornale'”, Alessandro Sallusti, “la commutazione della pena detentiva ancora da espiare nella corrispondente pena pecuniaria”.
Analogamente, “ha concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010”. E ancora: “Con nota del 13 agosto 2013, inoltre, il presidente della Repubblica ha impropriamente indicato le modalità dell’esercizio del potere di grazia, con riferimento alla condanna definitiva” di Silvio Berlusconi, “a seguito di sentenza penale irrevocabile”.
6: Violazione dell’indipendenza della magistratura – Processo Stato-Mafia
Anche nell’ambito dei rapporti con l’ordine giudiziario i comportamenti del presidente della Repubblica a detta dei 5 stelle, sono si sono contraddistinti “per manifeste violazioni di principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, con riferimento all’autonomia e all’indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale”. La presidenza della Repubblica, attraverso il suo segretario generale, il 4 aprile 2012, “ha inviato al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione una lettera nella quale si chiedevano chiarimenti sulla configurabilità penale della condotta di taluni esponenti politici coinvolti nell’indagine concernente la trattativa Stato-mafia e, addirittura, segnalando l’opportunità di raggiungere una visione giuridicamente univoca tra le procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta”.
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