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“Impeachment”, significato originario. Da Edoardo III a Nixon e Bill Clinton

di Warsamé Dini Casali |30 Gennaio 2014 12:31

“Impeachment”, il significato originario. Da Edoardo III a Bill Clinton

ROMA – “Impeachment”, il significato originario. Da Edoardo III a Bill Clinton. In italiano, nel diritto costituzionale italiano, della parola “impeachment” non esiste traccia. Si tratta di una convenzione giornalistica ormai estesa a opinione pubblica e rappresentanti del popolo che ogni tanto, raramente (come in queste ore i rappresentanti del Movimento 5 Stelle con Giorgio Napolitano), se ne impossessano per tentare di mettere sotto accusa il Presidente della Repubblica per rimuoverlo (l’iter è lungo e la parola finale spetta comunque alla Corte Costituzionale, non al Parlamento) .

E infatti si deve parlare, in Italia, di “messa in stato di accusa”.  Non di “impeachment”, in inglese “imputazione”, un istituto giuridico del “common law” anglosassone. Si tratta della possibilità di rinviare a giudizio i titolari di cariche pubbliche nel caso si rendano responsabili di determinati illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni. Soggetti attivi (i latori di un’istanza di imputazione) sono i membri della Camera dei Rappresentanti e del Senato (il Parlamento); soggetti passivi, sono i membri del potere esecutivo (dal presidente al vicepresidente fino ai funzionari delle amministrazioni statali) e i magistrati. Proprio questi ultimi sono stati i maggiori destinatari di provvedimenti di impeachment negli Stati Uniti.

E’ un istituto antichissimo: nel 1376, all’epoca di Edoardo III, furono messi sotto accusa alcuni suoi ministri e la sua amante Alice Perrers (la dama che doveva garantire, la Regina Filippa consenziente, un erede) per corruzione ed incapacità. Questo è un punto importante: quali siano gli illeciti suscettibili di impeachment, è stata materia di contrasto giuridico fino ai nostri giorni (vedi Bill Clinton) tra i propugnatori di una concezione estensiva e una restrittiva. Ai padri costituenti degli Stati Uniti si deve l’introduzione della norma nella Costituzione di Filadelfia del 1787.

Da Andrew Johnson a Bill Clinton passando da Richard Nixon. Il primo Presidente americano sottoposto a impeachment fu il repubblicano Andrew Johnson, prima vice e poi successore di Lincoln dopo il suo assassinio nel 1868: fu accusato di abuso di potere nella gestione del difficile dopo Guerra Civile, di non aver seguito la linea fortemente punitiva del Congresso nei confronti degli Stati del sud. Si salvò per un solo voto, ma non fu più ripresentato dal Grand Old Party.

Non si può chiamare impeachment quello contro Richard Nixon perché lo scandalo Watergate (1973) che lo travolse portarono alle dimissioni prima che la messa sotto accusa fosse formalmente avviata. Nel caso più recente, quello che coinvolse il democratico Bill Clinton nel 1999, l’impeachment fu avviato con l’accusa per il Presidente di “spergiuro” (aveva mentito sulla sua relazione con Monica Lewinsky) e per aver ostacolato la giustizia facendo pressioni sui suoi collaboratori. I Congresso non credette però ai capi di imputazione, perché giudicati attinenti alla sfera privata. Prevalse cioè la concezione restrittiva nella definizione degli illeciti meritevoli di impeachment.

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