Al di là delle diverse sensibilità, il problema dell’impugnazione della Procura di Padova degli atti trascritti dai sindaci sulla doppia mamma, il punto decisivo è “l”assenza di una legge sui diritti dei minori nati da tecniche di sostituzione di maternità”.
Un vulnus legislativo, un vuoto normativo, su cui più volte hanno richiamato l’attenzione del legislatore sia la Cassazione sia la Corte Costituzionale.
“Dai sindaci nessun illecito perché la legge non c’è”
Secondo la giudice di Cassazione Martina Flamini, intervistata dalla Stampa, “non risulta, pertanto, alcun divieto di legge a tutelare i diritti dei minori”.
I sindaci che trascrivono “non commettono alcun illecito. Non si può imputare loro la violazione di una legge che non c’è. Nel bilanciamento degli interessi, ritengono prevalente il diritto del bambino a essere sé stesso e a essere riconosciuto come tale. Un diritto fondamentale della persona”.
“L’eliminazione del cognome provoca danni all’identità personale”
Ora a Padova “credo che possano immaginarsi ricorsi volti anche a tutelare eventuali possibili pregiudizi ai minori”.
La procura “nel caso concreto” doveva valutare “se la richiesta di rettifica dell’indicazione del cognome del genitore intenzionale viola il diritto alla vita privata e familiare del minore. Nell’unico provvedimento esaminato, invece, ci si è limitati a sottolineare che, vista la tenera età del minore, tale intervento non avrebbe provocato alcun danno alla sua vita sociale.
Punto sul quale, peraltro, dissento. Ritenere che l’eliminazione del cognome non provochi danni all’identità personale e alla vita familiare mi sembra semplicistico”.
“L’eliminazione del cognome provoca danni all’identità personale”
“Personalmente non sono al corrente del caso e normalmente non commentiamo casi individuali. Più in generale ricordo la proposta della Commissione dei diritti genitoriali transfrontalieri. Chi è genitore in uno Stato deve esserlo anche negli altri Paesi Ue, ma il diritto di famiglia è competenza dei Paesi membri”.
Lo ha detto il portavoce della Commissione Christian Wigand rispondendo, nel briefing quotidiano, ad una domanda sul caso dell’impugnazione degli atti di nascita di 33 bambini a Padova in perché figli di genitori dello stesso sesso.