ROMA – Reddito di cittadinanza e quota 100 restano ma, da oggi, il deficit a 2,4 non è più un totem invalicabile. La mossa filo-europea che il governo giallo-verde mette in campo è forse la più clamorosa: abbassare il tetto deficit/Pil già nel 2019. E’ il premier Giuseppe Conte, di ritorno da Bruxelles, a recapitare ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini il senso del messaggio ricevuto al Palais Berlaymont: “Un dialogo con l’Ue è indispensabile per una soluzione soddisfacente per l’Italia”. Parole che traducono il ragionamento fatto a Bruxelles a Conte: senza un calo del 2,4 la procedura d’infrazione sarà indifferibile.
Così, anche dalle parti di Lega e M5S ci si rende conto che la via strettissima da percorrere ha un solo accesso: abbassare il tetto deficit/Pil. “Non ci attacchiamo ai decimali, ritoccarli non sarà un problema”, è il ragionamento che filtra, nel tardo pomeriggio, dal quartier generale della Lega, la prima ad aprire all’abbassamento dopo aver avuto l’ennesima conferma che, nella battaglia con l’Ue, non potrà avere alcun aiuto dagli alleati sovranisti. “Sul deficit non andremo al muro contro muro con l’Ue, difendiamo i cittadini non i numerini”, è la risposta, a stretto giro, del M5S che assicura la compattezza del governo dando il proprio sostegno al lavoro di Conte in Europa. Il vertice di governo previsto domani sera potrebbe già formalizzare il cambio di passo. “L’apertura di Juncker? Ne parleremo domani”, conferma Salvini dopo la partita Lazio-Milan.
L’entità del ribasso, al momento, non è delineata. Nel governo si ragiona sul 2,2, che equivarrebbe a un risparmio di circa 3,6 miliardi di euro. Calo che il governo potrebbe mettere nero su bianco con una risoluzione di maggioranza ad hoc, da approvare per modificare il Def varato ad ottobre. Dal punto di vista politico sarebbe la certificazione, da parte del governo, della volontà di negoziare con l’Ue. “Il problema non è 2,2 o 2,4%, ma la tenuta del patto economico generale”, spiega in serata all’ANSA Conte, affiancato, in questa sua moral suasion dal ministro del Tesoro Giovanni Tria e sostenuto silenziosamente anche dal presidente Mattarella. Al Quirinale, infatti, sin dall’inizio si rimarcava l’opportunità di tenere aperto il canale del dialogo con l’Ue e di abbassare il tetto deficit/Pil.
Il passo indietro sul 2,4, è il messaggio di Lega e M5S, non si tradurrà in un dietrofront su reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. Ma le due riforme sono destinate a cambiare parzialmente volto. Sulla quota 100 una riduzione della platea (e quindi della spesa) si potrebbe ottenere, ad esempio, penalizzando chi sceglie di andare in pensione con la riforma.
Sul reddito il M5S sembra ormai essersi convinto sulla sua tramutazione in sgravi per le imprese che assumono chi lo percepisce. La proposta, avanzata dal leghista Armando Siri, non a caso viene rilanciata dal presidente della commissione Bilancio del Senato, Daniele Pesco che ricorda come il reddito destinato alle imprese fosse già inserito nel primo ddl portato dal M5S in Parlamento, nel 2014. Resta da capire se il passaggio dal 2,4 a al 2,2 obbligherà Lega e M5S a rinviare, seppur di poco, la messa in vigore delle due misure bandiera. La decisione è politica ma, dal punto di vista tecnico, saranno Mef e Ragioneria a indicare come rimodulare le due misure alla luce del nuovo tetto. Accompagnando al cambio in corsa nuovi tagli alla spesa: un emendamento della Lega alla legge di bilancio, non a caso, prevede l’istituzione di una cabina di regia ad hoc coordinata da Palazzo Chigi.