Tutti parlano di tagli e di spesa fuori controllo per la sanità,ma nessuno alla fine fa nulla, se non tagliare le prestazioni.
Invece di incidere sui costi unitari delle prestazioni, in cui si annidano sprechi e non solo, si penalizzano i cittadini, trattati, come ai tempi dei Borbone, come dei sudditi e non come coloro con il cui denaro tutta la banda e tutte le cricche sono mantenute.
Il prof. Marcello Degni, esperto di amministrazione pubblica e in passato anche funzionario della Regione Lazio, ricostruisce una vicenda esemplare: quanto è costato ai contribuenti, italiani, non laziali, il controllo di quella spesa.
Ogni anno 8,6 milioni di euro dei contribuenti del Lazio vengono spesi per controllare la spesa farmaceutica della Regione. Più di ogni altra parte d’Italia, ma i circa 80 lavoratori addetti a questo servizio, nonostante l’altissima redditività della commessa rischiano di rimanere disoccupati.
La storia ha origini lontane e si riferisce a un servizio indispensabile in ogni regione: quello con cui vengono scansionate e controllate elettronicamente le ricette farmaceutiche. Il contenuto delle ricette viene inserito in un archivio informatico attraverso un processo di digitazione manuale. I dati vengono controllati e gli originali stoccati. Su questa base vengono prodotti i mandati attraverso i quali la ASL Roma C effettua per conto di tutte le aziende sanitarie della Regione il pagamento delle farmacie. Il controllo del processo è interamente nel dominio della società appaltante, con scarsa possibilità per il sistema regionale di seguire nel merito le fasi a monte del pagamento finale. In particolare non viene effettuato l’annullamento delle fustelle (praticato solo per alcuni mesi e sospeso per la non corresponsione al gestore del contributo supplementare che aveva richiesto), cosa che rende possibile il pagamento ripetuto di una stessa ricetta.
Nel 1990, nel Lazio, l’appalto fu assegnato a un consorzio di imprese che nel ‘93 ha preso il nome di Cosisan, controllato dalla ISED di Ennio Lucarelli, imprenditore classe 1939, fin dagli anni Settanta legato a commesse informatiche della Pubblica amministrazione nella capitale e più tardi tra i vicepresidenti di Confindustria.
Nonostante l’avvicendarsi delle Giunte regionali, da Rodolfo Gigli a Storace, Lucarelli riesce sempre a conservare la commessa delle scansioni, aumentando però sempre di più il prezzo di ogni ricetta. Nel 1997 in Regione qualcuno si accorge che negli ultimi tempi si sta pagando un po’ troppo (in quattro anni l’aumento era stato del 254 per cento) e si inizia a mettere in discussione l’appalto a Cosisan, che tuttavia continua a operare e ad aumentare i prezzi in regime di proroga e in attesa di nuove gare. Nel 2007 scade anche la proroga e nessun tipo di contratto viene più stipulato, ma la Cosisan continua a scansionare le ricette e a emettere fatture a carico della Regione.
Il costo del servizio è di 293 lire a ricetta, per complessivi 700.000 euro al mese circa. Il costo annuo, pari a 8,6 milioni di euro (per 54 milioni di ricette), cui vanno aggiunti 750.000 euro annui per la manutenzione informatica e 400.000 euro per lo stoccaggio quinquennale delle ricette, è più che doppio rispetto a quello aggiudicato dalle gare regionali, che prevedevano un esborso di 12 milioni in un triennio.
Nelle altre regioni italiane la scansione di ogni ricetta viene pagata tra gli 0,04 euro (Toscana) e gli 0,06 (Piemonte), mentre nel Lazio costa 0,161 più Iva. Insomma quattro volte tanto.
La situazione non è mutata con la Giunta Marrazzo. Nel 2006, quando già la Cosisan operava in proroga, la Regione aveva ipotizzato di non esternalizzare più il servizio e di assumere all’interno della pubblica amministrazione i dipendenti Cosisan, il che avrebbe portato a un risparmio di circa 7-8 milioni di euro l’anno. Nonostante l’appoggio dei sindacati, alla fine non si riuscì a fare nulla.
Sicché sempre nel 2006 la Regione ha indetto tramite la sua società di informatica (Lait) una nuova gara che prevedeva una spesa annua di circa due milioni, meno di un quarto di quello che veniva e che viene ancora pagato. La gara, nonostante i numerosi ricorsi per rallentarne il percorso (tutti vinti da Lait) si è tenuta regolarmente. A vincerla è stata proprio la Ised, azienda di maggioranza dell’attuale COSISAN. In pratica, chi da anni chiedeva dieci milioni di euro, nel 2006 ammetteva che poteva fare lo stesso lavoro con uno sconto di oltre il 70 per cento.
Ma siccome guadagnare meno non conviene, ecco che appena vinta la gara Lucarelli si è rifiutato di firmare il contratto per il quale aveva concorso. Il motivo? Molto semplice: prorogare il più in là possibile lo status quo, quello che gli consentiva di incassare il doppio a spese dei contribuenti. Manovra perfettamente riuscita, visto che ancora nel 2009 Cosisan ha continuato a scansionare ricette regionali ed a emettere fatture alla Regione, sempre per cifre spropositate.
A quel punto la Regione fa decadere la ISED dal contratto, iniziando un contenzioso giudiziario su cui mette la parola fine il Consiglio di Stato con una quanto mai espressiva ordinanza (Sez. V, ordinanza n. 6048 del 13/11/2008) in cui afferma: “la posizione sostanziale esposta dall’appellante (ISED spa) non appare conforme al dovere di lealtà e buona fede, tendendo alla prosecuzione di un rapporto economicamente più favorevole, in assenza di ragioni convincenti per non procedere alla stipulazione del nuovo contratto”.
Dopo questa pronuncia la Regione ha chiesto a LAIT di procedere all’avvio di una procedura negoziata senza previa indizione di gara. Ma questa è andata deserta. Ogni pensiero è libero e garantito dalla Costituzione. I lettori possono esercitaris.
La Regione nel frattempo paga, con un decreto commissariale di Marrazzo, il debito accumulato nei confronti di ISED in tutti questi anni. Sono oltre 37 milioni di euro, più interessi forfettari intorno al 4 per cento. Nella cifra è incluso anche il costo dell’ennesima proroga del servizio fino a fine 2009, che ISED fornisce, bontà sua, con uno sconto del 30 per cento, a partire da aprile 2009.
Il Governo (tavolo di verifica del piano di rientro) ha eccepito che sono ormai maturi i tempi per l’utilizzazione dei flussi informatici con i dati delle ricette che la SOGEI mette a disposizione delle regioni, contestando l’impiego di cospicue risorse del fondo sanitario per la registrazione e lo stoccaggio delle ricette farmaceutiche. Per il completo avvio di questo processo, che prevede la completa dematerializzazione, è necessario ancora qualche tempo (per completare la trasmissione elettronica dei dati delle prescrizioni direttamente dai medici di famiglia, che nel Lazio procede particolarmente a rilento). Per questo la cosa più opportuna sarebbe stata una soluzione ponte, basata sulla gestione interna da parte di Lait (che aveva fatto una proposta in tale senso).
Ma le cose, guarda caso, hanno preso la strada della indizione di una nuova gara.
La lenta burocrazia regionale, che ha voluto gestire questa volta in prima persona la nuova gara per l’appalto, è notoriamente anche molto pasticciona. Il bando, pubblicato in zona cesarini, è pieno di imprecisioni. Malafede? Incompetenza? Pecioneria romana?
Viene impugnato al Tar da alcuni dipendenti dello stesso consorzio COSISAN, che lo ritengono carente delle clausole contrattuali dirette alla salvaguardia dei livelli occupazionali previste dall’articolo 7 Legge regionale n.16/2007 e dal protocollo di intesa tra Regione Lazio e sindacati del febbraio 2009. I ricorrenti sono assistiti da Patrizio Leozappa, genero di Pasquale de Lise, già presidente del TAR e ora al Consiglio di Stato, entrambi recentemente protagonisti di alcune intercettazioni nell’ambito delle indagini riguardanti l’organizzazione dei mondiali di nuoto.
Il TAR, in tempi strettissimi, con ordinanza del 14 gennaio 2010, sospende la gara. La Regione non ricorre contro l’ordinanza e, nell’incertezza, aumenta l’apprensione dei lavoratori, 80 operatori specializzati che lavorano nel servizio da 20 anni con buste paghe da meno di 1500 euro in media, che il Consorzio si appresta a mettere in mobilità.
Ma, ci si interroga, si interromperà la fornitura di un servizio essenziale o, in extremis, si arriverà ad una ennesima ricca proroga per la solita ISED? La proroga è arrivata. Il commissario Guzzanti, che ha rimpiazzato Marrazzo dopo lo scandalo dei trans, ha sfornato un decreto (il numero 22) che assicura altri 5,5 milioni al buon Lucarelli, disponibile “a concedere una riduzione del 15% rispetto ai corrispettivi contrattuali praticati alla data del 31.12.2009” (si tratta evidentemente di un piatto molto ricco).
Nel frattempo Lait (non la Regione stavolta) esperirà una nuova gara a spese del contribuente, in attesa del prossimo ricorso che farà slittare ancora i tempi, con grande gaudio di chi da 20 anni gestisce il monopolio innaturale delle ricette farmaceutiche.
E Renata Polverini che ne pensa?
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