Per Marcello Pera, Berlusconi è un uomo ecumenico e pacifico “non è Reagan o la Thatcher”

Marcello Pera, ex presidente del Senato

In Italia c’è una ”cultura illiberale diffusa” che è una delle cause della mancata rivoluzione liberale del ’94. Lo sostiene in un’intervista a La Stampa, l’ex presidente del Senato, Marcello Pera. Sulla manovra, Pera dice che ”viene criticata perché nessuno vuole i tagli che si dicono necessari: la riduzione dei servizi è una scusa pietosa”.

Quanto alla vicenda del ministro Brancher, commenta: ”avrebbe dovuto andare in tribunale, ma Bossi che l’ha nominato perché non ci andasse non può inventarsi la scusa che non sapeva”. E su Fini aggiunge, ”devasta la Costituzione con la scusa di essere due persone in una”.

”Il punto di caduta del berlusconismo – prosegue Pera – è la rivoluzione persa per strada. La crisi è un’ultima occasione ma gli imprenditori dicono che è superata, quindi tutto può continuare come prima”. Quanto al governo ”oltre che vincolato dalla Lega è frenato dalla cultura socialista dei suoi ministri influenti”, aggiunge riferendosi a Tremonti che fa tagli ”per un dovere di ragioniere”.

L’Italia, secondo Pera, ”non ha mai conosciuto la rivoluzione liberale e non la vuole. Tutti vogliono più Stato, più protezioni, più sussidi, più incentivi e perciò più  tasse”. A questa ragione oggettiva del fallimento della rivoluzione liberale se ne aggiunge una soggettiva: ”Berlusconi non è  la Thatcher né Reagan, né ha mai pensato di imitarli. È  pacifico, ecumenico e accomodante per indole, vuole piacere a tutti e scontentare nessuno. Con un’aggravante, non si è mai disfatto del conflitto di interessi”.

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