Marco Minniti ad Atreju, applausi e qualche fischio. "Forse mi scambiate per Crozza" Marco Minniti ad Atreju, applausi e qualche fischio. "Forse mi scambiate per Crozza"

Marco Minniti ad Atreju, applausi e qualche fischio. “Forse mi scambiate per Crozza”

Marco Minniti ad Atreju, applausi e qualche fischio. "Forse mi scambiate per Crozza"
Marco Minniti ad Atreju, applausi e qualche fischio. “Forse mi scambiate per Crozza” (Minniti e Giorgia Meloni, foto Ansa)

ROMA – Marco Minniti ad Atreju confessa subito il suo timore: “Mentre venivo qui pensavo: se mi applaudono troppo, significa che mi hanno scambiato per Maurizio Crozza”. Il ministro dell’Interno diventato icona del ‘law and order’ ha esordito così alla festa di Fratelli d’Italia con lo slogan “Tempo di patrioti”.

Alla fine di un vivace confronto durato oltre un’ora, ha incassato molti applausi ma anche qualche fischio – soprattutto quando ha liquidato il fascismo – da parte di una platea con diversi nostalgici del Ventennio. Risate, inoltre, quando spiega che “Crozza non deve truccarsi per imitarmi”.

Minniti strizza l’occhio al pubblico di Atreju quando ricorda, in una sala intitolata ad Italo Balbo, che da sottosegretario alla presidenza del Consiglio gli fu assegnata la stanza con la scrivania di Benito Mussolini e, da sottosegretario alla Difesa, quella di Balbo.

Ad un certo punto usa anche il termine “ardito”, ma forse è solo un caso. Di certo, rivendica con forza i risultati ottenuti sul fronte dell’immigrazione illegale, la direttiva sugli sgomberi che “concilia il principio di legalità con quello di umanità” e l’eliminazione del grado di appello nei ricorsi contro il diniego dello status di rifugiato: “Sono ministro da nove mesi, perché queste cose non le hanno fatte negli scorsi venti anni anche governi di centrodestra che sono stati a Palazzo Chigi?”.

Ma poi il titolare del Viminale tiene a marcare i confini della sua appartenenza politica e ad uscire dall’imitazione del comico genovese. “Non dobbiamo consentire nella nostra democrazia – sottolinea parlando di fascismo – che il morto afferri il vivo. C’è una discontinuità con quella storia, che è stata drammatica ed è finita per sempre”. Parole accolte con fischi e ‘buu’ dalla platea. “Ma noi – si accalora Minniti – siamo avversari politici, non nemici. Non torniamo ad un periodo in cui si sparava per le strade e gli avversari politici erano nemici”.

Altri fischi il ministro li incassa quando sostiene che il Partito comunista “non ha mai guardato all’interesse particolare, ma a quello del Paese. Potete fischiare – fa rivolto deciso al pubblico – ma sappiate che al massimo sarò ancora più convinto delle mie opinioni”.

Sono di nuovo applausi quando riferisce del Patto con l’Islam che prevede sermoni in italiano. Alla fine del dibattito, la padrona di casa Giorgia Meloni non ha trovato il nuovo candidato di Fdi, né un “patriota”, ma, riflette, “ho molto rispetto per il coraggio e la determinazione di Minniti, che è venuto a confrontarsi con noi. Ha detto cose condivisibili ed è stato applaudito; altre meno e la platea ha rumoreggiato, ma noi ci siamo prodigati perché i nostri ospiti siano trattati bene”.

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