Marina Terragni ad alzo zero su La Verità: “Alessandro Zan? Fugge dal confronto come un leprotto. Il Pd? Non pervenuto. Nè prima con Nicola Zingaretti nè ora con Enrico Letta, che pure si è intestato l’epica battaglia per la parità di genere tra i capigruppo parlamentari. Le donne del Pd? Allineate e coperte dietro i capibastone, con la sola, meritoria eccezione di Valeria Valente, oggetto di shitstorm e manganellate digitali sui social insieme a Paola Concia, che si è permessa di aver sollevato dubbi sull’opportunità di includere la misoginia tra i crimini perseguibili dalla legge, approvata alla Camera e ora all’esame della commissione Giustizia al Senato”.
È una calma incandescente quella di Marina Terragni, giornalista, scrittrice, femminista da decenni in prima linea nella difesa dei diritti delle donne. Che punta il dito sul meccanismo dell’inversione dell’onere della prova politicamente corretta: “Costringere chi si azzarda a criticare un testo pensato male e redatto peggio, a discolparsi dall’accusa di essere omofoba e transofoba”.
È così, Terragni? Lei, Concia, Valente, Paola Tavella (una vita giornalistica tra Il Manifesto e Noi Donne), e tutte le altre come voi, vi opponete alle magnifiche sorti e progressive dell’identità di genere in quanto reazionarie e oscurantiste?
Ma figuriamoci. Io mi sono fatta sposare da Paolo Hutter, ha presente?
Come no: consigliere comunale a Milano a metà degli anni 80, avanguardista del coming out gay.
Aggiunga che io a vent’anni, quando Zan andava alle medie, lottavo passo dopo passo insieme al Mit, il Movimento italiano trasnsessuali di Pina Bonanno (c’ero praticamente solo io e un paio di radicali, come Franco Corleone, con cui nel 1982 facemmo approvare la legge 164 sulla transessualità), condividendo ogni momento della lotta di liberazione di quello che oggi si chiama movimento Lgbt.
E quindi dovremmo essere noi a esibire credenziali di legittimità per poter discutere del monstrum che volete partorire? Ma tirate fuori le vostre, piuttosto.
“Noi” chi? Marina Terragni e…
Noi, la gran parte del femminismo italiano -Udi, Se Non Ora Quando, RadFem, Arcilesbica e altri gruppi. Che chiede sia cambiato il testo sull’omotransfobia. E in particolare che si rinunci a quell’obbrobrio dell’autocertificazione di genere, il cosiddetto self-id. Per cui si prescinde dall’apparato genitale, l’identità è quella percepita e dichiarata. E guardi che è un cambiamento così epocale, quello che si intende perseguire, che il movimento di resistenza è globale.
Nel senso di mondiale, planetario?
Io sono la rappresentante italiana del network internazionale Whrc, Women’s Human Rights Campaign, a sostegno dei diritti delle donne, 334 gruppi in 131 paesi, da anni in lotta contro la sostituzione della certezza del sesso con l’impalpabile gender identity. Il governo inglese, visti i sondaggi di The Times (94% contro questa “identità di genere”) ha chiuso la partita dell’autopercezione. Adesso ci deve essere la pronuncia di un giudice. Mentre in Spagna anche il Psoe fa muro contro la Ley Trans voluta da Podemos. La Spagna, così simile all’Italia, se non fosse per due dettagli.
Che lì il dibattito è pubblico e non oscurato dai media, che hanno sposato le ragioni dei sostenitori di Zan, forti anche dell’appoggio di qualche “svippato” in cerca di autopromozione a buon mercato?
Questo è uno. L’altro è che il Psoe, i socialisti di Sanchez e Calvo, sostiene le ragioni del femminismo mentre qui il Pd l’abbiamo sordo e quindi contro, nel silenzio. Zan, poi, colpito da improvvisa notorietà, parla con tutti -dallo smaltato Fedez (sorvolando sulla singolare coincidenza temporale tra pronunciamenti social e business affini) alle editorialiste di Playboy, addirittura con il leghista Simone Pillon- ma non con noi. Facciamo così paura? Eppure argomenti ne avremmo. O forse è proprio per questo che facciamo così paura?
Be’, vogliono allargare il perimetro legislativo inserendo anche la misoginia tra i comportamenti all’indice.
Un capolavoro. Con atteggiamento misogino non si parla con le donne (ovvero con le donne che non siano già d’accordo con gli adepti della setta Zan), ma si dà loro il contentino di un comma sulla misoginia, magari non fermandosi qui. Ho sentito Zan parlare di allargare il campo alla misandria, all’eterofobia, all’uterofobia. Io vorrei che qualcuno chiedesse a Zan. Ma lei lo sa cosa succede per esempio in Canada, dove il self-id vige dal 2017?
Marina, cosa succede?
Quello che avviene anche in California. I sex-offender, una volta arrestati, si dichiarano donne. Quindi abbiamo detenuti con il pene che finiscono nel braccio femminile, con il risultato, certificato, di stupri e gravidanze.
Se avesse avuto modo, o se lo avrà in futuro, di incontrare Letta, cosa gli avrebbe detto o dirà?
Solo qualche domanda. Come può accettare, il segretario del Pd, che le donne vengano intese come una minoranza, quando sono la maggioranza del Paese? O che ai genitori degli alunni non sia consentito di decidere, in base a un sacrosanto principio di libertà, se mandarli o meno al corso di formazione Lgbtq?
L’ora di religione facoltativa, il transcult invece obbligatorio? In Gran Bretagna hanno stabilito di cancellarli, quei corsi, visti i guai che ne sono nati. Per contro nei nostri licei sono in corso grand tour di propaganda alla gravidanza per altri. Già ora. Figurarsi dopo.
Ognuno si schiera come ritiene giusto.
Sì, ma se possibile senza manipolare l’opinione pubblica (che peraltro, in base ai sondaggi che Zan ha in mano, è favorevole al 54%. Maggioranza risicatina, visto l’apparato propagandistico su cui i pasdaran dell’obbrobrio possono contare).
Sul Corriere della Sera Carlo Verdelli ha scritto un articolo pro-Zan.
Due giorni dopo esce un commento anonimo, in cui si dà conto degli insulti ricevuti da Verdelli, ovviamente inaccettabili (peccato che il Corriere non abbia speso una parola sulle minacce a Valeria Valente o a Paola Concia). Ricordando che è sotto scorta da oltre un anno -circostanza per cui ha la mia solidarietà. Quando peraltro era direttore di Repubblica. Chiaro il messaggio subliminale.
Che sarebbe? Marina Terragni deduce:
Chi attacca Verdelli per le sue posizioni filo-Zan è come i delinquenti che lo hanno costretto a vivere blindato. Et voilà, la critica è silenziata, e il bavaglio è servito.
- da La Verità