ROMA – Si è accorto, forse in ritardo, che alcuni suoi compagni di avventura erano “improbabili” e che gli stavano “snaturando il partito”. Ma non si pente di essere sceso in campo perché altrimenti Silvio Berlusconi sarebbe diventato presidente della Repubblica. Due giorni dopo le sue dimissioni irrevocabili da Scelta Civica Mario Monti non abbassa i toni. Anzi. E in un’intervista ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera il professore fa nomi, cognomi e numeri di chi lo ha indotto al passo indietro da quella creatura che solo pochi mesi fa era nata con ben più ambiziosi progetti.
I nomi sono soprattutto due, quello di Pierferdinando Casini e del ministro Mario Mauro. E il numero è sempre quello, 11, quello di quelli che secondo Monti sono i “traditori”. A Cazzullo Monti spiega che le dimissioni non sono improvvise. E in questo non mente visto che già altre volte Monti si era fermato a un passo dall’addio, come ad agosto 2013, quando fu di fatto convinto a rientrare dopo l’annuncio dell’addio. Stavolta, però, le dimissioni sono irrevocabili. Spiega Monti:
Serviva una ventata che spazzasse via la nebbia, al cui riparo undici senatori, più un senatore al governo, operavano per uno snaturamento di Scelta civica. In particolare due capitani di lungo corso: il senatore Pier Ferdinando Casini e il ministro Mario Mauro, più altri improbabili compagni di viaggio
Sullo snaturamento Monti spiega:
«Casini e Mauro furono tra coloro che più mi sollecitarono, un anno fa, perché accettassi di guidare una nuova formazione politica, intitolata all’agenda Monti. Scelta civica è stata la prima formazione politica, già in campagna elettorale, a sostenere la necessità di una grande coalizione. Il Pdl se ne è convinto solo dopo il voto, il Pd ha impiegato altri due mesetti. Noi sapevamo che per fare le riforme occorrono spalle larghe: se non è fondato su una seria cooperazione tra i maggiori partiti, un governo non riesce ad andare contro gli interessi costituiti, che bloccano il cambiamento. Noi pensiamo – e dico noi perché negli organi direttivi di Scelta civica questa idea è sempre prevalsa – che il nostro ruolo sia pungolare il governo, per dare più forza al presidente del Consiglio affinché tenga saldamente il timone, senza soggiacere alle pressioni elettoralistiche dei partiti più grandi».
Quanto alla goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la questione Imu e una legge di Stabilità che a Monti proprio non va giù. L’ex premier spiega a Cazzullo
Quello (la cancellazione dell’Imu, ndr) è stato, purtroppo, un ottimo esempio. Il governo si è piegato, in quel caso, al volere del Pdl e ciò ha molto ridotto i margini di manovra della legge di stabilità, sulla quale abbiamo espresso una posizione in parte critica. Mauro, Casini e i loro seguaci (la cui familiarità con le strategie economiche non era finora risultata evidente) sostengono invece che non bisogna recare il minimo disturbo al manovratore, come se – malgrado i quotidiani diktat del Pdl e del Pd al governo – Scelta civica, ed essa sola, dovesse restare supina, rinunciare ad esercitare quello stimolo alle riforme per il quale siamo nati. Tra l’altro, questa visione contrasta con la linea dello stesso premier Letta, che nel discorso del 2 ottobre per la fiducia si è detto anch’egli convinto della necessità di un contratto di coalizione, come noi sosteniamo da tempo. Per questo lunedì gli abbiamo mandato una bozza, che abbiamo reso pubblica. Vedremo ora come Letta intenderà muoversi».
Con Mauro e Casini
«È un contrasto non da poco, c’è tutta la differenza tra una politica dei contenuti, l’unica che interessa a noi, e una politica tipo GPS, cioè dei posizionamenti, degli schieramenti, l’unica che forse interessa ad altri, sopraffini professionisti della politica. Ma Mauro e Casini paiono molto attivi su un secondo snaturamento di Scelta civica, dissolvere il nostro movimento in un nuovo soggetto “moderato”, aperto a quanto pare anche al Pdl, senza badare troppo se questo si sia veramente emendato di quelle personalità, di quei valori e di quelle linee politiche che sono molto diverse da quelle su cui si è costituita Scelta civica. Noi siamo nati per unire un’anima liberale e un’anima popolare, ma in una prospettiva di serio riformismo orientato all’Europa»
Su Berlusconi e la sua decadenza Monti spiega di non aver deciso cosa votare e che prima leggerà la relazione. Sul tema, però, non risparmia un’altra stilettata a Mauro quando parla di Berlusconi e Alfano come “suoi ospiti a colazione al circolo ufficiali”. Quindi dice che nonostante tutto non si è pentito perché senza la sua discesa in campo Berlusconi sarebbe stato oggi presidente della Repubblica:
«Certo che lo rifarei. Non sono affatto pentito. Sapevo che sarebbe stato costoso sul piano personale sacrificare quella cosa impalpabile ma importante che è la terzietà, su cui avevo impostato tutta la mia vita. Ne ho pagato un prezzo forse ancora maggiore di quello che mi aspettavo. Ma in 50 giorni, non so come, senza organizzazione, abbiamo preso oltre tre milioni di voti, in maggioranza di centrodestra. Senza di noi, il Pdl avrebbe la maggioranza alla Camera e al Senato, Berlusconi sarebbe diventato a sua scelta presidente della Repubblica o presidente del consiglio, e avrebbe deciso da chi sarebbe stata occupata l’altra posizione. Scelta civica ha contribuito a costruire la grande coalizione, a ristabilire quel rispetto per la politica europea e per il bilancio pubblico che nella campagna elettorale era stato gettato alle ortiche. Senza di noi, il corso della storia italiana sarebbe stato leggermente diverso».
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