Maroni vuole fare le scarpe a Renzo Bossi? Per il Fatto punta a sostituire il Senatur a capo della Lega

Pubblicato il 24 Novembre 2010 - 19:44 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Maroni

Chi sarà l’erede di Umberto Bossi? Nella Lega sembra cominciata la lotta alla “successione” del Senatur. Il più determinato a salire sul “trono” sembra il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Come sostiene Davide Vecchi in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, Maroni è da sempre uno dei “colonnelli” delle correnti del Carroccio. Sono “leggendari”, scrive Vecchi “gli scontri durante le riunioni del lunedì a Milano in via Bellerio, quartier generale della Lega” tra il ministro e Roberto Calderoli.

Maroni, da sempre designato come l’erede “naturale” di Bossi, teme di subire lo “sgambetto” da un altro Bossi, Renzo, recentemente indicato dalla madre Manuela Marrone come successore designato al ponte di comando. Per questo, secondo Vecchi, il ministro dell’Interno starebbe cercando di mettere a punto una strategia per “svincolarsi” dal “capo” e ambire a posizioni importanti.

Una battuta scambiata nei corridoi Rai con Loris Mazzetti (dopo la partecipazione a Vieni via con me) potrebbe addirittura far pensare a una candidatura a premier: “Il capostruttura di Rai 3, storico braccio destro di Enzo Biagi, è apparso stupito. Stretta di mano con rapido scambio di battute. “Dica la verità, lei sta studiando da primo ministro”, dice Mazzetti. “Non è affatto vero”, sorride il ministro. Mazzetti lo stuzzica: “Nella Prima Repubblica tutti quelli che si sono seduti sulla poltrona del Viminale sono poi diventati presidente del Consiglio”. Maroni, ormai quasi fuori dall’ufficio, fa un passo indietro e ribatte, serio: “E cinque sono diventati presidenti della Repubblica”.

Ma la partita di Maroni si gioca innanzitutto nel partito. In estate era cominciato a circolare il nome di Renzo Bossi, e il Trota rispose: “Io l’erede? Si vedrà”, dice il 15 agosto. “Maroni chiede al “capo” lumi, sostiene Vecchi, “incassando rassicurazioni. E la promessa di una poltrona di peso: l’accordo fatto con Berlusconi a Lesa sul lago Maggiore, riferisce Bossi, prevede per Maroni l’incarico di premier in un ipotetico governo alternativo in caso di crisi. Ma alla ripresa dei lavori parlamentari la realtà appare diversa. Il nome su cui si punta è quello di Giulio Tremonti. E il ministro dell’Interno lo candida ufficialmente per il dopo Berlusconi, bruciandolo”.

Quella con Tremonti è una vecchia querelle: “Tra i due non c’è mai stato un buon rapporto. Se Roberto Calderoli ha remato a favore del titolare dell’economia, Maroni si è fermamente opposto. Tra i due Roberto, del resto, c’è tutto fuorché amicizia. Leggendari gli scontri durante le riunioni del lunedì a Milano in via Bellerio, quartier generale della Lega. Con Bossi a riportare una pace fittizia imponendosi. “Decide il capo, non si discute”. “Che penso? Io non penso, c’è il capo”. Erano le risposte tipo dei colonnelli in camicia verde. E poi ciascuno mediava con il Senatur, liberamente”.

Lo scontro, sottolinea Vecchi, “ha raggiunto l’apice nella segreteria politica di lunedì scorso in via Bellerio, quando Maroni è uscito allo scoperto: “Io non ci sto a sostenere un Governo inesistente”. Secondo un deputato varesino “è solo una lotta di poltrone”, ma il ministro dell’Interno è determinato. Ha cavalcato mediaticamente l’affaire Saviano e, con il pretesto di rispondere alle accuse di collusione del partito con la ‘ndrangheta al nord, è intervenuto in ogni trasmissione che lo invitava. Non ha perso occasione per rilasciare dichiarazioni alla stampa. Evento straordinario, perché Maroni ha sempre parlato solo durante le conferenze stampa. Prima e dopo mai una parola. Ma da lunedì scorso, è incontenibile”.