Marrazzo autospeso non piace alla destra. Gasparri: “Non giochiamo con la democrazia”

Maurizio Gasparri

 La decisione di Piero Marrazzo di autosospendersi da presidente della Regione Lazio ha subito innescato polemiche. Sull’onda delle notizie uscite sabato mattina sui giornali e sotto la pressione del suo partito, Marrazzo ha aperto “un percorso che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione”.

Ha detto Marrazzo: “In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell’immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione”.

La delega dei poteri al vicepresidente Esterino Montino dovrebbe fare riferimento ad un impedimento di fatto nello svolgimento della carica di Presidente della Regione e vi si dovrebbe parlare espressamente di indisponibilità per motivi di salute. Secondo quanto si è appreso la sospensione dovrebbe riguardare i poteri istituzionali ma anche tutti i benefits dei quali gode il presidente della Regione, stipendio e auto di servizio compresi.

L’uscita di scena di Marrazzo avverrebbe in due tempi: prima l’autosospensione poi, per la fine dell’anno, le dimissioni. Il percorso immaginato dai capi del partito democratico consentirebbe di andare alle elezioni a marzo come già previsto. Se invece dell’autospensione Marazzo avesse imboccato la più logica e naturale strada delle dimissioni, i cittadini del Lazio si sarebbero dovuti recare alle urne  tra 90 giorni, cioè a gennaio. Ovviamente per la maggioranza di sinistra sarebbe una sciagura: alla tendenza a destra che si registra nel paese i tempi brevi aggiungerebbero il peso dello scandalo e l’impreparazione del partito sia a livello locale sia a livello nazionale, cui non potrebbe certo supplice l’alleanza con l’Udc, che nel frattempo si sta concretame nte realizzando nel territorio anche in termini di potere reale e lottizzazione.

La mossa non è stata molto gradita a destra, da parte di chi l’ha subito compresa. Tra questi c’è l’europarlamentare del Pdl Roberta Angelilli: “L’istituto dell’autosospensione non esiste fra le prerogative costituzionali del Presidente della Regione: quello che sta accadendo è una sorta di colpo di stato in sedicesimo dove un signore che non è mai stato eletto neppure come consigliere regionale, essendo stato cooptato nella giunta da Piero Marrazzo, si ritrova a gestire i poteri del Presidente della Regione”.  Per la Angelilli si tratta di un gesto disperato e arrogante al tempo stesso,  contro il quale è necessaria non solo la più ampia mobilitazione popolare e democratica ma anche una decisa azione nelle sedi competenti, al fine di sanzionare e sospendere questa iniziativa”.

E l’ha anche capito il capo gruppo dei senagtori del Pdl, Maurizio Gasparri: “Stiamo facendo una verifica per accertare se c’é una violazione della legge in atto alla regione Lazio. L’auto-sospensione del presidente, infatti, è collegata ad impedimenti di salute reali. Non può essere una procedura usata pretestuosamente per ritardare le dimissioni. Ci riserviamo di fare tutti gli accertamenti giuridici,  ma invitiamo sin da questo momento la sinistra a non aggiungere lesioni gravi alla situazione tra il grottesco ed il drammatico che si è già verificata. L’uso della sospensione temporanea potrebbe rappresentare un grave abuso di legge. Non giochiamo con la democrazia. Riteniamo che l’epilogo su questa vicenda debba essere quello delle dimissioni e dell’immediato ricorso alle urne. In ogni caso  stiamo valutando passi formali a tutela della legalità repubblicana e della democrazia che rischiano violazioni inaccettabili”.

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