Matteo Renzi lascia dopo ok alla manovra. Mattarella congela le dimissioni

di Spartaco Ferretti
Pubblicato il 5 Dicembre 2016 - 19:30 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi, consiglio dei Ministri lampo. Torna da Mattarella per dimissioni

Matteo Renzi, consiglio dei Ministri lampo. Torna da Mattarella per dimissioni

ROMA – Sergio Mattarella prende tempo e congela la crisi. E Matteo Renzi, alla fine, accetta la linea del Quirinale: le dimissioni ci saranno ma dopo l’approvazione della Manovra finanziaria ferma in Senato. Quella manovra già finita nel mirino di Bruxelles che nel momento più critico per il Governo non ha perso occasione per definirla di nuovo insufficiente.

La decisione di Renzi è arrivata dopo un primo incontro con il Capo dello Stato e un Consiglio dei Ministri lampo durato meno di un’ora. Il premier, che aveva già annunciato al Paese le sue dimissioni da presidente del Consiglio all’indomani della netta sconfitta al referendum costituzionale ha evidentemente accettato la richiesta di responsabilità da parte di Mattarella. E che la scelta sia del Capo dello Stato è stato ufficializzato proprio da un comunicato del Quirinale:

 Il Presidente della Repubblica, considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento”.

La linea del Colle era già emersa chiara dopo il primo incontro, quello del primo pomeriggio  di oggi 5 dicembre. Dopo quell’incontro, durato circa un’ora,  Mattarella ha consegnato alle agenzie di stampa una dichiarazione in cui ricordava l’urgenza degli impegni da rispettare, primo tra tutti proprio la manovra.

Nel tardo pomeriggio di oggi, poco dopo le 18, Renzi si è riunito con il Consiglio dei Ministri. Ne è uscito poco dopo le 19 e le cronache di questi minuti lo danno di nuovo diretto al Quirinale. Non ci saranno però le dimissioni immediate arriveranno subito dopo l’ok definitivo alla Manovra. “Lo faccio per senso di responsabilità – dice il premier ai ministri – e per evitare l’esercizio provvisorio”.

Lo scenario per il dopo Renzi resta estremamente fluido.  All’indomani del risultato referendario salgono le quotazioni dell’attuale Presidente del Senato Piero Grasso  come nuovo inquilino di Palazzo Chigi mentre, contestualmente, scendono quelle del ministro dell’Economia. Per il dopo Renzi, dunque, si va verso un governo Grasso. Un cosiddetto governo di scopo che avrà, nel suo mandato, la realizzazione di una nuova legge elettorale con cui il Paese possa tornare alle urne probabilmente già in primavera. Elezioni il cui esito è ancora tutto da decifrare e che non è per nulla detto possa vedere Matteo Renzi tra i candidati premier. Molti gli attribuiscono il “piano” di ripartire dal  40 per cento di Sì come fossero voti “suoi” e farne la piattaforma per un successo elettorale (chi ci arriva al 40 per cento al prossimo voto?). Ma questo “piano” per nulla segreto anzi abbastanza ovvio era fattibile con una sconfitta relativamente mite, con il Sì intorno al 46/48 per cento. Così non è e il “piano” diventa quasi inservibile. Perché, come ha detto lo stesso Renzi, la variabile non messa in conto è il “Non pensavo mi odiassero così tanto”. Già, non così tanto.

Le elezioni politiche però, per quanto ora prossime, non arriveranno prima che il Parlamento confezioni una nuova legge elettorale al posto dell’Italicum che, per ovvie ragioni, ormai non va più bene. E allora, mentre in nottate i leader del fronte del No chiedevano le dimissioni di Renzi, si è cominciato a ragionare e si è aperta la partita per trovare la persona che traghetterà da Palazzo Chigi il Paese sino alle prossime elezioni. In pole era dato l’attuale ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, capace di rappresentare una ‘sicurezza’ per Bruxelles e per i mercati. Mercati che però, a differenza di quanto molti temevano, oggi non stanno crollando. Milano è in rosso sì, ma in realtà di appena di uno zero virgola. Stando così le cose le ricadute economiche del voto non dovrebbero toccare la macroeconomia e i risparmi, ma limitarsi, come avvertiva la stampa straniera, a ricadute sul sistema bancario.