ROMA – Matteo Renzi. Il “cerchio magico” del sindaco. Inchiesta di Libero. Cerchi magici e accerchiamenti: da una parte l’inchiesta di Libero su parenti, amici e società riferibili al sindaco, dall’altra il clima da apertura della caccia che lo stesso Renzi ha denunciato quando anche l’arcivescovo di Firenze Betori ha stigmatizzato la “trasgressiva” città che non fa nulla per i senza dimora, aperitivo dell’attacco concentrico dei capi bastone Pd e dei berluscones alleati provvisori al governo e fra i primi a cogliere la novità dirompente del ragazzo che non ha paura di recarsi ad Arcore o pranzare con Flavio Briatore.
Brunella Bolloli è responsabile dell’inchiesta in tre puntate che Libero ha condotto su quello che ha già ribattezzato il “cerchio magico” di Renzi. Le perplessità sull’irresistibile carriera politica dell’enfant prodige toscano, a 29 anni già presidente della Provincia, non sono desunte da chissà quale rivelazione, piuttosto sono un utile compendio della lettura di un pamphlet appena uscito (“Chi comanda Firenze”, Duccio Tronci, Castelvecchi) che racconta imprese e retroscena del mai stato comunista e della sua corte. Interessante è anche la lista, lunga, di chi per un motivo o per l’altro ha detto addio al sindaco.
Sindaco per corrispondenza. Innanzi tutto, quanto c’è da fidarsi della gestione amministrativa del “golden boy(scout)”? Il “sindaco per corrispondenza” tradirebbe vecchi vizi: nel 2012 è stato presente a 8 sedute su 45, nel 2013 a 7 su 17. “Giovin sindaco errante” lo ha chiama Renato Brunetta, la cui ultima passione è redigere dossier. Chiaro il perché: coltiva le sue ambizioni presidenziali a scapito dell’impegno quotidiano di amministratore di una città.
Il cerchio magico. “Gli uomini d’oro di Renzi da 6 mila euro al mese”, titola Libero il 2 luglio: nonostante i 5200 dipendenti del Comune, il sindaco ha assunto altre 60 persone, di cui 26 dirigenti a chiamata diretta, senza concorso ma con super stipendi: alcuni non hanno nemmeno la laurea, gridano dall’opposizione, invero abbastanza flebilmente se è stata necessaria l’omelia di un cardinale per cogliere vere note di dissenso che non provenissero da via del Nazareno (sede nazionale del Pd).
Florence Multimedia. Ciò che maggiormente si contesta in città al sindaco, più del giubbotto di Fonzie, è l’aver trasformato la sua poltrona in un trampolino di lancio, la macchina amministrativa nel veicolo per ottenere consensi a livello nazionale. Da capo della Provincia (fu un accordo tra segreterie, nulla di più lontano dalle primarie) creò e foraggiò la Florence Multimedia: alla direzione un fedelissimo, Matteo Spanò, già pezzo grosso dell’Agesci (gli scout). , fra i soci il fratello del cognato (Renzi si difese: “Il fratello del marito di mia sorella ha il 20% di una società pubblica, e allora?”). Il fatto è che secondo i detrattori ai vertici delle partecipate ha messo tutti i suoi amici, che sono tanti e contano. Voci malevole, pettegolezzi gonfiati ad arte? Non deve averla pensata così la Corte dei Conti se ha aperto un fascicolo e il Ministero del Tesoro ha avviato una verifica su un presunto “irregolare affidamento di servizi per un importo superiore a quello previsto dai relativi contratti di servizio”. Anche la Procura, si vocifera, avrebbe acceso i fari.
Bunga Bunga. E’ a questo che si riferiva l’arcivescovo Betori quando ricordava Firenze “trasgressiva” che non si accorge di essere la quarta città per numero di senza dimora? L’indagine “La bella vita” che la procura sta conducendo porta dritta dritta nei locali del comune, dove una scioccata donna delle pulizie è stata spettatrice di acrobazie sessuali in diretta. Ha pagato per ora un uomo forte di Renzi Massimo Mattei.
Il partito, le regole. Il sindaco si sente accerchiato, da D’Alema a Michele Serra, non c’è chi non gli dica la stessa cosa: per fare il leader del centrosinistra vai bene, fare il segretario di partito è un’altra storia, le due figure non sono sovrapponibili. “Le regole non possono essere ad uso di Renzi”, ha tagliato corto l’ex nemico numero 1 del rottamatore prima della riconciliazione tattica. Renzi, è storia di oggi, denuncia il “tiro al piccione” cui è sottoposto, accusando i capi corrente democratici. Lui vuole essere investito da un suffragio popolare che lo incoroni candidato premier per il centrodestra: ma senza elezioni e con un uomo del Pd alla presidenza del Consiglio a chi servono davvero le primarie?
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