Melandri vs Ornaghi; Maxxi pubblico o privato, censura o par condicio?

La polemica sulla mancata proiezione al museo Maxxi di Roma di un film sulla Italia ha avuto inizio, nella ricostruzione fatta da Alessandra Longo su Repubblica, da un messaggio via Twitter di Bill Emmott, co-autore del film “Girlfriend in a Coma“, quello di cui è stata bloccata la proiezione prima delle elezioni.

Emmott è stato direttore del settimanale inglese Economist e ora scrive sulla Stampa di Torino dispensando agli italiani alcune acute osservazioni, altre acute banalità e anche molti luoghi comuni del pensiero britannico riferito a noi terroni, che fanno il paio con l’ossequio italiano verso la inverosimile democrazia inglese.

La prima reazione di Emmott, scrive Alessandra Longo, è contro

Giovanna Melandri, presidente del Maxxi, [che] proprio lei, una “compagna”, ha messo il timbro cupo del divieto”.

Prosegue la cronaca riferendo che alla fine della giornata Emmott ha fatto anche una mossa molto poco elegante e molto poco da stampa libera e indipendente: è andato a piangere dalla mamma:

“A tarda sera, anche la coda diplomatica: Emmott si appella al Foreign Office e all’ambasciatore britannico in Italia”.

Longo, che scrive per un giornale che ha fatto della Melandri una Madonna di sinistra, si interroga:

“Ma cos’è successo? Com’è possibile che la Melandri sia diventata peggio di Putin con le Pussy Riots?”.

Infatti nessuno poteva pensare che Giovanna Melandri facesse mai una cosa simile tanto che la colpa era stata subito data al ministro della cultura Lorenzo Ornaghi. Ma se si leggono le risposte della Melandri e poi quella successiva di Ornaghi, il pasticcio diventa surreale. Nel racconto della Longo:

“Mentre il fuoco divampa, lei [si presume Melandri] spiega un po’ irritata: «Ma quale censura. Il Maxxi è un museo pubblico, un luogo meraviglioso finanziato con i soldi dei cittadini. Era impensabile ospitare quel documentario in campagna elettorale. Non l’avrebbero fatto gliUffizi, il Louvre, il Beabourg, la Tate Gallery». Questione di date e di opportunità politica. La Terravision, incaricata di organizzare l’anteprima, aveva prenotato la sala per il 13 ma la proiezione salterà. Giovanna Melandri garantisce ospitalità dal 26 febbraio in poi, «porte aperte dopo il voto». Una scelta che ha fatto in autonomia, pur interpretando «indicazioni assai rigorose del Ministero dei Beni Culturali»”.

Il ministro, nel chiamarsi fuori, afferma però il contrario della Melandri:

“Il Maxxi è una fondazione di diritto privato le cui decisioni sono assunte dagli organi competenti”.

Ma allora, il Maxxi è pubblico, come la Melandri sostiene e come tutto fa pensare visto che ci hanno messo la Melandri non per scelta professionale ma politica; oppure privato come dice il ministro, dimenticando che la storia del privato nel pubblico è una recente invenzione per sottrarre un po’ di Stato da procedure e controlli?

La risposta non banale: se è un luogo privato, può fare quel che vuole e la Melandri ha sbagliato o comunque ha censurato l’evento, se è un luogo pubblico, allora la Melandri ha ragione e basta, perché vale la par condicio e Enmmott ha colto una nuova occasione per parlare male dell’Italia comunque.

Riporta Alessandra Longo:

“La presidente del Maxxi difende fino alla morte i motivi del niet: «Ma lei l’ha visto il trailer del documentario?». No, però si rimedia subito con internet. Ecco le immagini di “Girlfriend in a Coma”. In effetti è un pugno nello stomaco sull’Italia degradata degli ultimi 20 anni, risse in parlamento, cosce al vento. Scorrono i volti di Saviano, Eco, Moretti, Toni Servillo, Travaglio, Carlo Petrini, anche di Marchionne che parla di ‘ultima spiaggia”. Un fugace Berlusconi lascia palazzo Chigi e Monti, intervistato, giura di mettercela tutta per «non far deragliare il treno». «Fortemente connotato politicamente», dice la Melandri: «Io la penso come Emmott, probabilmente condivido il contenuto del film dalla a alla zeta, ma ho il doveredi tener fuori la politica dal Maxxi, di mantenere un profilo istituzionale. La Terravision ha chiesto lo spazio senza specificare nulla. Quando ho saputo che sarebbe stato proiettato il lavoro di Emmott, ho detto no e dico no anche adesso. Non c’è stato nessun impegno, nessun contratto, perciò nessuna cancellazione o censura. Aggiungo di più: mi sono arrivate altre richieste che potevano suonare politicamente scorrette in campagna elettorale. Sono state respinte tutte»”.

 

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