Gna fa, meglio dirlo così, con una formula dialettale che però è a perfetta immagine e somiglianza con un costume sociale che è cultura. Non ce la fa è il succo, la dizione corretta. Ma gna fa contiene ed esprime meglio l’indolenza assunta a diritto, anzi a condizione naturale dell’agire. L’indolenza impastata con la robusta farina del non mi compete. E condita, tra l’altro, con la spezia forte dell’inadeguatezza professionale. Quando non della incompetenza che, quado c’è, è sempre protetta. Gna fa è locuzione più aderente ad una realtà immodificabile, strutturale. Più aderente di quanto non dica, esprima e raffiguri un semplice non ce la fa. Gna fa è involgarimento romanesco senza il quale non si apprezza appieno la volgarità del reale. La dura, inscalfibile realtà di un paese reale che non ce la fa.
Meloni-Draghi, chi ha ragione sul Pnrr?
Meloni che a giorni sarà a capo del prossimo governo italiano ha detto che sarà dura, molto dura applicare, rendere in fatti concreti i miliardi del Pnrr e che c’è già da registrare ritardo, ampio ritardo, sull’attuazione del Piano. Pnrr, per chi lo avesse dimenticato un contratto firmato tra Italia e Ue per cui all’Italia circa 250 miliardi tra prestiti e finanziamenti a fondo perduto in cambio, anzi a condizione che l’Italia faccia quelle riforme e realizzi quelle infrastrutture indicate nel Piano. Contratto che prevede erogazioni, rate di pagamenti europei dal 2022 al 2026, pagamenti legati a verifiche di attuazione: niente riforme e/o niente cantieri equivale a niente soldi. Draghi, si narra con annesso fastidio per le parole della Meloni, ha puntigliosamente risposto: finora nessun ritardo, prova me sia che finora i soldi europei, le rate maturate sono state pagate, ci fosse stato ritardo non avrebbero pagato.
Tutte le ipotesi e retroscena, tranne una: il reale
Un litigio, un dissenso tra Meloni e Draghi? La comunicazione politica (arduo ormai accreditarla della qualifica di informazione) ha subito colto l’occasione di intendere e volere secondo suo canone e format: il talk show. Parole cui viene sovrapposta sceneggiatura. Sempre la stessa di sceneggiatura: umori contro e personaggi e interpreti in eterno gioco delle parti. Assenza costante nella sceneggiatura e anche nel casting quella del reale: il talk-show sceneggiato dalla comunicazione politica non ha rapporti né contatti con la verifica empirica, tanto meno con il plausibile. Quindi, secondo comunicazione politica, Meloni cerca “alibi” per se stessa domani sventolando inesistente ritardo di Draghi. Oppure è Draghi che tesse velenosa “trappola” per Meloni accreditando, anzi millantando un noi abbiamo fatto il nostro. Ma l’Italia sul Pnrr è in ritardo o no? Alla quasi totalità della comunicazione politica la domanda appare fuori luogo.
Carte, Decreti e leggi sì. Cantieri no
Italia-Pnrr in ritardo o in orario? Chi dice la mezza verità, Meloni o Draghi? Quando afferma, carte alla mano, che ritardo non c’è Draghi dice cosa che trova riscontro nella realtà. Il governo Draghi rispetto al Pnrr e alla sua cadenza temporale ha fatto tutto quello che può fare un governo…italiano. Sono state fatte le leggi, i decreti, le carte appunto e avviate le procedure per avere i finanziamenti e quelle per stanziarli e quelle per indire gare e appalti. Tutto quello che poteva fare un governo italiano è stato fatto. Ma un governo italiano, qualunque governo italiano, non è in grado, letteralmente non può attuare il passaggio dai decreti ai cantieri. Ad esempio, cn precisi atti di governo il governo Draghi ha quasi intimato il rendere possibile, anzi accelerata, l’installazione di pannelli fotovoltaici. Intimazione che nei fatti è una preghiera, anzi una supplica. Supplica inascoltata dalle Sovrintendenze, dai territori, dai comitati, dai sindaci, dai Tar di cui è fatta l’Italia reale che realmente decide. Quindi Meloni premier a giorni dice cosa che trova abbondante riscontro nella realtà quando dice che ritardo nella cosiddetta “messa a terra” c’è, eccome se c’è.
L’esempio degli asili nido
Quattro miliardi e settecento milioni nel Pnrr per fare migliaia e migliaia di asili nido. Regolarmente stanziati e normati. Gare d’appalto da fare entro marzo 2023. Siamo ad ottobre e non se n’è fatta nessuna. Non mancano i soldi, non mancano le leggi, nn ha mancato la Ue, non ha mancato il governo. Che manca? Manca la “registrazione del decreto”, atto amministrativo di cui il Ministero dell’Istruzione è in attesa dal…16 agosto! Il paese reale, l’Italia vera è quella che non riesce ad apporre una firma in due mesi. Il paese vero è quello che da decenni i soldi degli investimenti pubblici non riesce a spenderli. Per indolenza, per il non mi compete, per formalismo insieme pigro e protervo, per inadeguatezza professionale e ormai anche civile. Un paese reale che nella realtà gna fa e non c’è Draghi o Meloni che possa fare o non fare al posto suo.