Bari, dopo le cozze il condominio dei vip: e il Pd scarica Emiliano

Pubblicato il 19 Marzo 2012 - 10:52 OLTRE 6 MESI FA

BARI – Il Partito Democratico scarica Michele Emiliano. Lo fa per bocca del segretario regionale Sergio Blasi, che dice: “Basta con l’ipocrisia, più pelosa delle cozze. Emiliano era diventato la maschera di gruppi di interesse”.

L’attacco di Blasi arriva nel giorno in cui anche il Popolo delle Libertà passa all’attacco del sindaco di Bari, reo, secondo il Pdl di avere avuto il sostegno elettorale decisivo dei Degennaro (3,52% che lo fece vincere per 49 a 46).

Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, sarebbero state proprio le indiscrezioni sull’inchiesta per corruzione dei fratelli Gerardo, Daniele (entrambi agli arresti) e Vito Degennaro (il primo consigliere regionale del Pd) a scatenare le ire di Blasi.

Nelle carte, scrive il Corriere, “capita di incontrare l’attuale consigliere regionale Onofrio Introna, ex Psi ora Sel, che sceglie ‘illegittimamente’ collaudatori per un appalto Dec, e assieme a loro si intrattiene allegramente con controllori e controllati. La Finanza annota come un collaudatore ‘avrebbe dovuto contestare la difformità delle opere, e non risulta, piuttosto che andare a pranzo con la commissione presso l’Hotel dei Degennaro, con l’assessore Introna e Vito Degennaro'”.

Alla gestione delle nomine, scrive il Corriere della Sera, “parteciparono anche gli ex assessori regionali pd Sandro Frisullo, inciampato nello scandalo escort, e Mario Loizzo ora consigliere pd”.

Oltre alle nomine nel mirino degli inquirenti ci sarebbe anche il condominio che doveva essere destinato “ai poliziotti, carabinieri e finanzieri chiamati in Puglia per combattere la mafia”, scrive Repubblica. “Per questo le case sono state costruite su suoli non residenziali con contributi statali. Grazie a una discussa convenzione e a una variante edilizia, sono invece diventate le case per i vip della città: e così nel condominio destinato alle forze di polizia oggi ci abitano consiglieri comunali, medici, avvocati, figli di magistrati”.

Adesso quei 200 appartamenti sono oggetto del secondo filone d’inchiesta sui rapporti tra il gruppo Degennaro e il Comune di Bari. Gli indagati, scrive Repubblica, “sono già una trentina. Ma la lista potrebbe salire. Anche perché nelle mani della Guardia di Finanza è finito l’elenco degli acquirenti di quelle case e le sorprese non sono mancate: tra gli altri ci sono consiglieri comunali che hanno votato la delibera di sanatoria, oltre a dirigenti del Comune, politici e parenti di magistrati. Un groviglio sul quale il nucleo di Polizia tributaria ha intenzione di fare sul serio”.

Secondo quanto scrive Repubblica, la vicenda ha avuto inizio nel 1992, quando il consiglio comunale dà inizio all’iter per la realizzazione degli appartamenti in via Pappacena, nel quartiere Poggiofranco di Bari, la zona periferica più chic della città.

Due anni dopo, ricostruisce Repubblica, “l’allora prefetto Corrado Catenacci disse di no, sostenendo che non ce n’era necessità. E lo stesso poco dopo fece il consiglio. Nonostante questo il progetto prosegue e viene aperto il cantiere. Nel 2005 arrivano i sigilli della magistratura per violazioni paesaggistiche e urbanistiche. Due anni dopo, sindaco Michele Emiliano, l’assessore Ludovico Abaticchio porta un nuovo protocollo d’intesa che permette di risolvere i rilievi della procura. Votazione bipartisan, il cantiere è sbloccato”.

Gli appartamenti, secondo quanto scrive Repubblica, vennero in parte “venduti a privati (a prezzi calmierati: 1.700 euro al metro quadrato al posto dei 3.000 che è la quotazione minima di mercato della zona)”, mentre altri, che “dovrebbero finire alle forze dell’ordine” “in realtà vengono venduti lo stesso a privati. Attraverso questo meccanismo: la convenzione stilata con la Prefettura prevede un fitto per una casa da 90 metri quadrati di quasi 1.200 euro al mese (più di quanto paga il sindaco). Un prezzo tanto fuori mercato, per una città come Bari, che il bando va praticamente deserto. Così le case vengono vendute”.

Secondo la Guardia di Finanza, scrive Repubblica, “il problema è chi le ha comprate. Nell’elenco sequestrato ci sono i nomi di una serie di consiglieri comunali in carica o passati (Albenzio e Anaclerio per esempio), dipendenti o uomini vicinissimi al gruppo Degennaro, oltre a professionisti e magistrati. Gente che ha potuto approfittare di prezzi assolutamente fuori mercato e che, secondo gli investigatori, potrebbe anche aver commesso reati”.