Migranti. Felice Casson e i 180 “sindaci riluttanti”. Anche del Pd

Migranti. Felice Casson e i 180 "sindaci riluttanti". Anche del Pd
Migranti. Felice Casson e i 180 “sindaci riluttanti”. Anche del Pd

ROMA – Migranti. Felice Casson e i 180 “sindaci riluttanti” ad accogliere, anche del Pd. Numero e definizione dei 180 “sindaci riluttanti” ad accogliere nuovi migranti li ha forniti l’Ufficio Immigrazione della Toscana, mentre disperatamente cerca strutture per sistemare gli ultimi arrivati.

La stessa Regione, storicamente amministrata dalla sinistra, che nel 2011, in occasione di un’altra ondata emergenziale di sbarchi dalle coste libiche, si era distinta proprio come esempio di accoglienza diffusa, cioè piccoli gruppi di trenta migranti sparsi nei comuni toscani.

Politicamente, la novità della riluttanza dei sindaci toscani segnala un cambio di strategia se non di atteggiamento rispetto al problema dell’accoglienza che riguarda in particolare il Pd alle prese con la sfida lanciata dal pugno di ferro esibito dalla Lega di Matteo Salvini.

A Venezia, dove domenica si votano i ballottaggi per eleggere il sindaco, il candidato Pd, l’ex magistrato Felice Casson, fa sue  perplessità e resistenze dei sindaci toscani. “Questa città ha già dato tanto, ma ora si rischiano tensioni sociali”, è la posizione dell’aspirante sindaco.

A Vicenza, dove non ci sono elezioni e il sindaco Achille Variati è in sella da 8 anni, stesso ripensamento. Solo un mese fa stigmatizzava le manifestazioni anti-clandestini della destra ricordando la tradizione cristiana di accoglienza del Veneto.

Oggi fa suo il distinguo spesso associato ai suoi oppositori: “Arriva chi lavora, via i delinquenti, vanno distinte le mele buone dalle mele marce, lo Stato non può mandare gente che un mese dopo l’arrivo si mette a rubare, spacciare, rapinare le anziane delle collanine d’oro”.

Del resto, per restare alla competizione elettorale, subito dopo le Regionali è stato lo stesso Renzi a dire che a sinistra del Pd non c’è la minoranza che gli dà battaglia in Parlamento, ma solo Salvini. E la minaccia Salvini la si disinnesca solo misurandosi sul suo stesso campo di battaglia, l’immigrazione.

 

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