Milano, il Tribunale prova “processo fast”: un anno. Più veloce di Alfano…

Altro che processo breve. Il tribunale di Milano ha un obiettivo più ambizioso di quello previsto dal ddl del governo sul cosiddetto “processo certo”: ridurre a un anno la durata media di tutti i processi civili e penali. Proposito messo nero su bianco in un protocollo sottoscritto con l’ordine degli avvocati. Lo rende noto l’Ansa.

Dell’iniziativa ha parlato la responsabile di quell’ufficio giudiziario Livia Pomodoro alla Commissione Giustizia della Camera, che l’ha sentita nell’ambito dell’indagine sull’efficienza degli uffici giudiziari disposta in relazione al ddl sul processo breve.

Quello del tribunale di Milano è tutt’altro che un traguardo lontano, visto che già oggi quasi tutti i processi penali a Milano si esauriscono entro due anni o al massimo due anni e mezzo. E che, grazie soprattutto al processo telematico, a fine 2009 a Milano i dibattimenti civili pendenti erano 6900 a fronte dei 79000 di Napoli.

Pomodoro non ha parlato del provvedimento sul processo breve, limitandosi a dire che quella di una maggiore celerità della giustizia è «un’esigenza giusta per il cittadino di tutta Italia» e a proclamare la sua generale contrarietà a interventi normativi «emergenziali».

Ha invece insistito sulla necessità di intervenire sull’organizzazione degli uffici giudiziari, raccontando nel dettaglio il «grande sforzo» che il suo tribunale sta compiendo.

I risultati già si vedono: per un decreto ingiuntivo telematico a Milano in alcuni casi bastano già tre giorni; con le notifiche telematiche (142.307 nei primi sei mesi dello scorso anno) c’é stato un risparmio di almeno un milione di euro e di 12mila ore di lavoro per attività di cancelleria; e si sono azzerate le pendenze con una nuova organizzazione dei procedimenti per direttissima, quelli che riguardano per esempio gli arresti in flagranza.

E non è tutto: sta per partire la digitalizzazione degli atti nel penale grazie a un accordo con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che vedrà impegnati in questo lavoro alcuni detenuti. E non si pensa solo all’efficienza, ma anche, ha aggiunto Pomodoro, alla «dignità delle persone»: per questo al tribunale sono state create stanze dedicate ai parenti degli arrestati e per questi ultimi si è prevista una guida in più lingue; e poi sono stati creati sportelli per dare informazioni al pubblico.

Buone pratiche realizzate anche grazie a sinergie con istituzioni pubbliche locali e nazionali, e che ora il tribunale di Milano si propone di diffondere sul territorio nazionale costruendo un network con altri uffici giudiziari “virtuosi”. Perché, ha detto Pomodoro, «noi non vogliamo essere un’oasi nel deserto, la giustizia dev’essere uguale per tutti dal Nord al Sud del Paese».

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