Marcia indietro della maggioranza sull’espianto degli organi: la volontà di donarli dopo la propria morte potrà essere indicata sulla carta d’identità, ma questo accorgimento non sarà obbligatorio.
Al Senato è stata infatti modificata questa previsione del maxi-emendamento al decreto “milleproroghe”. Secondo il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Carlo Vizzini, si è trattato di un errore materiale da parte del governo nella scrittura del testo.
Il maxi-emendamento al decreto milleproroghe, sul quale il governo il 10 febbraio, ha chiesto la ventottesima fiducia, contiene il comma sulle carte d’identità. Secondo il comma il documento «deve contenere l’indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare i propri organi in caso di morte».
Nel 1999 fu varata la legge 91 che introduce il silenzio-assenso informato. Un provvedimento che però non ha avuto completa applicazione per la mancata creazione del registro informatico dei potenziali donatori. «Grazie all’articolo 23 della legge, sulla base del quale il cittadino può esprimere la volontà di donare—spiega il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa — un milione di persone hanno comunque espresso la loro volontà».
La legge prevede che se una persona ha espresso la propria volontà, al momento della morte se ne prende atto; se non lo ha fatto, i familiari hanno diritto ad opporsi all’espianto degli organi.