Mimmo Lucano, arresti domiciliari revocati: il sindaco ha il divieto di dimora a Riace

Mimmo Lucano udienza
Mimmo Lucano esce dal Tribunale dopo l’udienza (Ansa)

REGGIO CALABRIA – Domenico Lucano lascia gli arresti domiciliari ai quali si trovava dal 2 ottobre scorso. E’ questa la decisione del Tribunale della libertà depositata in serata, il giorno stesso dell’udienza. Per il sindaco di Riace, però, è una vittoria a metà. I giudici, infatti, hanno stabilito contestualmente il divieto di dimora nel comune di cui era alla guida fino al momento dell’arresto e prima della sospensione dalla carica decisa dal prefetto di Reggio Calabria.

Al termine dell’udienza si era detto fiducioso di riacquistare la libertà dai giudici del riesame alla cui attenzione c’era anche il ricorso della Procura di Locri che chiedeva un aggravamento delle contestazioni mosse al sindaco ora sospeso di Riace. Il gip di Locri infatti, nella sua ordinanza di custodia cautelare, ha contestato i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, lasciando cadere le accuse più gravi mosse dai pm: associazione a delinquere, concussione, truffa aggravata, abuso e malversazione.

“Penso che l’udienza sia andata bene”, aveva detto Lucano all’uscita dall’aula. Per lui è stato “talmente distante quello che ha detto l’avvocato da quello che ha detto il pm”, che essere fiducioso è scontato, “se esiste un diritto”. Ed in effetti la libertà l’ha ottenuta, ma al prezzo di dover lasciare la sua amata Riace.

Lucano, quindi, lascerà i domiciliari ma sarà costretto anche a lasciare Riace. Per quanto tempo è ancora presto per poterlo dire. Prima di conoscere la decisione del Tribunale del riesame, subito dopo l’udienza, Lucano aveva detto a chiare lettere, con decisione, che il modello di accoglienza e integrazione creato nel suo comune sarebbe andato avanti.

“Riace – ha detto in tarda mattinata il sindaco all’uscita dall’aula – rappresenta un’idea che va contro la civiltà della barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli, perché negli anni abbiamo costruito dei supporti all’integrazione che oggi fanno la differenza”.

La chiusura dello Sprar, decisa dal ministero dell’Interno e la conseguente possibilità che i migranti che vivono a Riace – alcuni da anni – se ne possano andare, non lo spaventa. Anzi. Ha rivendicato lui la chiusura dello Sprar. “Voglio trasmettere questo messaggio – ha detto – al Governo: vogliamo uscire dallo Sprar. Lo voglio io come volontà politica. Non voglio avere a che fare con chi non ha fiducia e con questo Governo che spesso non rispetta i diritti umani”.

Su come andare avanti senza i soldi del Viminale, Lucano un’idea ce l’ha già. E si tratta di puntare sui laboratori artigiani avviati in questi anni dai migranti che si sono stabiliti in paese e sul frantoio. Rendere produttive, in definitiva, le attività di un borgo ormai conosciuto in tutto il mondo. In sintesi, ha spiegato Lucano, fare un’accoglienza spontanea “così com’era cominciata” nel 1998 con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan.

Da allora Riace non è più solo il paese dei Bronzi ma anche quello dell’accoglienza e di Lucano, inserito due anni fa dalla rivista americana “Fortune” al 40esimo posto della classifica dei 50 leader più influenti del mondo. Mimmo Lucano lascia l’aula del  Tribunale della libertà di Reggio Calabria. Fuori dal Tribunale in tanti lo aspettano (foto Ansa). 

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