Il “Monsignore” che “benedice” Berlusconi e Roma gli regala 80 strade per i suoi cassonetti di “beneficenza”

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Dicembre 2010 - 14:45 OLTRE 6 MESI FA

Un “Monsignore” con tanti santi che vegliano su di lui, “santi” che abitano non in paradiso ma al XX Municipio della capitale o ancora più in alto, al Comune di Roma di Alemanno o ancora, ancora più in alto: lassù dove talvolta appare niente meno che Berlusconi. Un “Monsignore” che a Berlusconi ha impartito pubblica benedizione: era lo scorso 5 agosto e alla manifestazione “Orgoglio Azzurro” al Tempio di Adriano, presenti i ministri Alfano, Brambilla, Brunetta e Carfagna, il Monsignore con la croce al collo aspergeva sedie e seduti in platea con le sue “sante” parole: “Berlusconi vincerà, ha la mia benedizione”. Un “Monsignore” che tanto Monsignore non è, infatti si è auto proclamato tale. Del “monsignore” non ha l’identikit biografico: divorziato, due figli. La Chiesa cattolica “monsignori” così non ne ha, ma lui di Chiesa se ne è fatta una sua personale: quella “Ortodossa, bielorussa e slava di rito bizantino” di cui si dichiara “vescovo vicario”. Uno che quando i giornalisti gli telefonano dicendo: “Pronto, parlo con Massimo Denovo…?”, risponde: No, quello era il mio nome d’arte quando organizzavo festival, ora lei sta parlando con monsignor Lucas Rocco Massimo Giacalone, consacrato a San Paolo del Brasile…”. Già, ma perchè i giornalisti telefonano a uno così, ad uno che padre Basilio, diacono della Chiesa ortodossa in Italia, così definisce: “Mai sentito, di sicuro l’unica chiesa ortodossa bielorussa riconosciuta fa capo al patriarcato di Mosca ed è guidata dal metropolita Filarete”?

Gli telefonano perchè “monsignor” Giacalone è riuscito a piazzare sulle pubbliche strade di un pezzo di Roma ottanta cassonetti gialli. Gialli come quelli dell’Ama, l’azienda municipalizzata che raccoglie i rifiuti. In quelli gialli l’Ama raccoglie non proprio i rifiuti ma gli abiti usati, le scarpe, la biancheria, le lenzuola, tutto ciò che i cittadini invece di buttare consegnano alla beneficenza. A fianco e al posto di quelli municipali, “monsignor” Giacalone ha messo i suoi di cassonetti, a far concorrenza nel raccogliere la beneficenza. Quel che la gente ha messo dentro i cassonetti del “monsignore” è ora una montagna di abiti in un deposito sulla via Flaminia, nulla è stato consegnato a nessuno. “Monsignore” dice: “E’ il deposito di un amico, poi li darò ai bisognosi, dell’Albania e del Brasile, ma mi servono dei fondi…”. Che fine farà la beneficenza passata per le mani del “monsignore” è quindi tutt’altro che chiaro e sicuro, ma la questione è: perché questa beneficenza, questa raccolta è passata per le sue mani?

Il perché è in una storia minima ma, come si dice, emblematica. Una storia un po’ “pezzente” se si misura la “quantità monetaria” della “roba” in questione. Ma una storia che è un grande libro stampato su come ci si possa fare i propri fatti privati avendo qualche “aggancio” in chi dovrebbe amministrare la cosa pubblica. La storia comincia lo scorso luglio, quando il “monsignore” chiede al presidente del XX Municipio di Roma, Gianni Giacomini del Pdl, il nulla osta per l’occupazione di suolo pubblico. In sole due settimane ottiene un sì a piazzar cassonetti, delibera dirigenziale n. 1053. Sui cassonetti c’è scritto: “Chiesa ortodossa cristiana cattolica”. E’ una bugia, non un refuso: una Chiesa insieme ortodossa e cattolica è una contraddizione in termini. Chi ha messo quella scritta sui cassonetti non è stato sbadato, è stato “furbo”: ha tentato di camuffarsi da Chiesa cattolica agli occhi della gente. Qualcuno ha occhi per vedere, il sito www.vignaclara-blog.it segnala le tante stranezze della storia: i cassonetti simil Ama, la scritta bugiarda, l’incertezza per non dire peggio della destinazione finale della beneficenza raccolta in quei cassonetti. Giacomini, il presidente autorizzatore, dichiara: “L’autorizzazione non l’ho rilasciata io, ma gli organi amministrativi preposti e poi ho mandato nota scritta ad Alemanno”. Alemanno, il sindaco, finora non ha risposto, comprensibilmente ha questioni più grandi e urgenti di cui occuparsi. Però, però i Municipi a norma di legge non hanno competenza sui rifiuti urbani e infatti, messo alle strette, Giacomini vota in consiglio una mozione che auspica “l’immediata rimozione dei contenitori non autorizzati”.

Ma i cassonetti sono ancora lì, in uno spicchio neanche tanto piccolo della città amministrata da Alemanno. E il “monsignore”, come direbbe Verdini, “politicamente se ne frega”. Replica: “Io sono in regola, sono gli altri che speculano, l’Ama svolge attività commerciale per giunta senza pagare l’occupazione di suolo pubblico”. Sublime: un privato occupa suolo pubblico con i suoi cassonetti, raccoglie beneficenza che non distribuisce e accusa l’azienda municipalizzata di speculare mentre lui è, testuale, “a posto con la coscienza”. Poi “monsignor” Giacalone rivela: “La segretaria del presidente Giacomini mi ha spiegato come fare la domanda, tutto protocollato, mi rivolgerò al Tar”.

Eccola dunque la storia: un ex insegnante di musica che organizzava concorsi canori, concorsi che spesso finivano in nulla (consultare Facebook per contare quanti ragazzi, ragazze e mamme “delusi”), uno che dice di essere la “guida spirituale dell’associazione volontari della polizia europea” e “segretario generale del centro studi parlamentare internazionale”, insomma uno che pratica la “supercazzola” dell’auto credito, uno che si è messo in testa il “colbacco con croce” della iconografia ortodossa, uno che “fonda” una chiesa, uno che non è nessuno ma racconta di essere tanto, uno che si fa fotografare con ignari sindaci siciliani, uno che va a “benedire” Berlusconi, un giorno si presenta con questo “curriculum” ad un amministratore locale del Pdl. Questo che ne sa, vede la croce, vede le “credenziali”, capisce o crede di capire che il “monsignore” fa parte della “famiglia” politica. E siccome “così fan tutti”, siccome a Roma ai piani dell’amministrazione più alti del suo si assumono parenti, collaboratori, candidati non eletti e segretarie all’Atac, alla locale azienda del trasporto pubblico, nel suo piccolo il presidente del XX Municipio dà una mano, anzi una strada, anzi ottanta strade al “monsignore”. Mica lo sa Giacomini che non può farlo a termini di legge, che ne sa della legge? Che non poteva lo scoprirà più tardi e tenterà di tirar via la mano. E il sindaco? Evangelicamente Alemanno cerca di allontanare da se questo “calice”, con comprensibile imbarazzo. Il “monsignore” invece non ha imbarazzi, conosce bene il mondo in cui vive: un mondo in cui si può infilare, allargare, ottenere e poi pretendere. Basta mettersi in testa un cappello da prete, aver “benedetto” Berlusconi che forse neanche sa che esiste ma fa nulla, qualcuno ci casca. Un mondo dove l’unica regola che vale e regna è quella della “famiglia”, regola che scatta anche quando alla “famiglia” si presenta un sedicente “parente bielorusso”.